“Se i vaccini Pfizer e Moderna sono disponibili, consigliamo ai cattolici di sceglierli al posto di Johnson&Johnson, a causa del suo uso estensivo di cellule derivate da aborti“. Questo in sintesi il messaggio dell’arcidiocesi di New Orleans, che rifiuta il vaccino J&J per l’uso di cellule di origine fetale derivate da aborti eseguiti negli anni 70 e 80.
In febbraio Johnson & Johnson ha fornito un pacchetto dati che include i risultati provvisori di efficacia e sicurezza della sperimentazione clinica di fase 3 ENSEMBLE. La presentazione progressiva dei dati clinici da parte della società all’OMS è ora completa. Lo studio di fase 3 ENSEMBLE valuta l’efficacia del vaccino a partire dal giorno 14 e dal giorno 28, controllato con placebo su adulti di età pari o superiore a 18 anni. Lo studio, condotto in 8 Paesi in tre continenti, include una popolazione ampia e diversificata.
La società ha anche appena incassato l’autorizzazione per l’uso di emergenza negli Stati Uniti e ha presentato una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio condizionale nell’Unione europea il 15 febbraio con l’obiettivo di consegnare un totale di 20 milioni di dosi solo negli Usa per la fine di marzo. All’Italia potrebbero arrivare già 5 milioni di dosi entro marzo.
Ottime notizie, dunque. Anche perché, stando alle analisi pubblicate dalla Food and Drug Administration Usa dopo la sperimentazione su 45mila persone, il vaccino contro il Coronavirus sviluppato da Johnson & Johnson non solo è monodose, ma è anche efficace e sicuro e fornisce una forte protezione contro la grave malattia e la morte dovute a Covid-19.
Il vaccino sfrutta la piattaforma vaccinale AdVac® dell’azienda, che è stata utilizzata anche per sviluppare e produrre il regime vaccinale contro l’Ebola e costruire i suoi vaccini sperimentali contro i virus Zika, RSV e HIV. A differenza dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna, che memorizzano le istruzioni in RNA a filamento singolo, questo utilizza DNA a doppio filamento. Il team di Johnson & Johnson ha utilizzato un adenovirus modificato che può entrare nelle cellule ma non può replicarsi al loro interno o causare malattie.
La posizione dell’arcidiocesi di New Orleans contrasta con quella della Santa Sede. La quale aveva chiarito – attraverso un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede – la liceità morale di vaccini sviluppati a partire da linee cellulari di provenienza fetale, data la gravità della pandemia, ma anche perché la connessione con feti abortiti è remota. Si possono usare “tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci – si leggeva nel documento – con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti”.