Nel Medioevo l’affermarsi dei poteri signorili portò a una netta distinzione fra chi esercitava il potere e chi lo subiva. Furono tante le ideologie e le immagini della società che furono elaborate in quegli anni e nei secoli successivi, a partire dall’XI secolo con Adalberone di Laon che nella sua opera “Carmen ad Robertum regem”, distingueva i bellatores, ovvero coloro che proteggevano con le armi i deboli dai soprusi e la chiesa dai nemici della Cristianità. Vi erano anche gli oratores, i membri del clero specialisti della preghiera, ed infine, i laboratores, che procuravano il cibo alle altre due categorie, sostenendo l’intera società.
Ovviamente In questo contesto cambiavano anche le forme di definizione della supremazia sociale e ciò portava nel Medioevo alla nascita di quei personaggi pericolosi chiamati Mostri con fattezze umane ma l’animo dilaniato dal male.
In questo contesto un re che procurò la morte delle sue mogli, dalla pazzia, al rinnego fino alla decapitazione. Ma tale fu la sua mostruosità che portò alla scissione della chiesa in Roma e quella anglicana. Enrico VIII che è stato definito il più famoso uxoricida seriale. Potremmo definirlo una mantide religiosa al maschile che nel 1509 salì sul trono inglese, dopo la morte del fratello per infezione e sposandosi la cognata Caterina d’Aragona. La prima delle sue sei mogli, innamoratosi di un’altra donna, con la scusa di non avere eredi (la spagnola le diede solo una femmina lady Mary) il Tudor le riservò un destino beffardo non appena ebbe la menopausa.
Nel frattempo con le due amanti, Maria Bolena ed Elizabeth Bloun ebbe dei figli con la seconda l’illegittimo Henry Fitzroy (che morì appena diciassettenne) e con Maria Bolena, Catherine Carey e Henry Carey (non riconosciuti, anche se quest’ultimo in effetti straordinariamente somigliante al re). Ritornando alla moglie le toccò un destino beffardo infatti si ritrovò esposta al pubblico ludibrio in un processo ‘farsa’ accusata di non essere in grado di partorire figli maschi, quindi fu ripudiata e chiusa in convento morendo di cancro. Ma come già detto, la vera motivazione del teatrino era una nuova donna: il re inglese amava oramai la sorella di Maria sua ex amante, Anna Bolena. Enrico si era invaghito della giovane, preda della corte di Francia che chiese addirittura l’annullamento del matrimonio con Caterina alla Chiesa di Roma, questi per volere del papa Clemente VII ebbe un rifiuto. In questa fase la diplomazia segreta giocò un ruolo determinante per gli avvenimenti che seguirono, anche perché la regina di origini spagnole era la sorella dell’imperatore Carlo V, quindi l’inglese fu scomunicato, da qui la scissione e la nascita della Chiesa Anglicana e della persecuzione. Ma anche la nuova amata, Anna andò incontro alla sua nemesi perché partorì una femmina, la futura regina d’oro Elisabetta, Enrico VIII, nel frattempo, s’interessò a un’altra nobile della corte, Jane Seymour, dama di compagnia di Anna che non riusciva a dargli l’erede maschio ma solo aborti. Quest’ultima scelta perché di famiglia numerosa, quindi faceva presagire bene. Al fine di eliminare Anna Bolena, il segretario del re, Thomas Cromwell, artefice dell’operazione, fece istituire un processo per alto tradimento e stregoneria, incesto colo fratello, che terminò con la condanna a morte della regina Bolena decapitata alla Torre di Londa (dove oggi aleggia il suo fantasma). Un anno dopo le neo regina Jane diede alla luce un figlio maschio, principe Edoardo, ma sviluppò una sepsi e morì una decina di giorni dopo. Il Tudor aveva già superato i quarantacinque anni e, complici gli eccessi alimentari, si avviava a diventare obeso, mentre dolorose ferite sulle gambe (con ogni probabilità dovute alla gotta e al diabete) gli impedivano di camminare e lo tormentavano con emorragie e infezioni. Vista la cagionevole salute del piccolo erede dopo aver visto il dipinto della giovane Anna di Clèves,
decise di risposarsi (anche per convenienze politiche) ma questa donna era stata cresciuta secondo le usanze tedesche e priva della raffinata cultura che aveva contraddistinto le tre precedenti consorti reali, così risultò essere assai meno attraente rispetto al dipinto. Inoltre, vi furono forti considerazioni politiche e quindi il re, di comune accordo (almeno questo risulta agli atti) le fu dato un compenso e rendita ed un castello, morendo tranquilla senza rischiare la vita. Enrico VII sposò infine la diciottenne Caterina Howard, prima cugina di Anna Bolena. La regina venne sospettata di avere più di una relazione, in particolare con altri due uomini, uno dei quali sosteneva di esserne il legittimo marito. Anche per lei e l’uomo arrivò il patibolo. Le subentrò la ricca vedova Caterina Parr, che si scontrò subito con il re per motivi religiosi; infatti era protestante mentre Enrico era ancora – nell’intimo – un cattolico. Le frequenti discussioni portarono quasi alla rottura, ma la regina seppur accusata dal consorte di eresia e tradimento, riuscì a salvarsi in tempo perché morì prima Enrico a 56 anni.
Così la storia ci riporta le vicende di Isabella di Baviera definita la falsa strega. Divenuta regina di Francia il 17 luglio 1385 ad appena 14 anni, sposata dopo tre giorni dall’incontro con Carlo VI di Valois. Nel 1392, il marito ebbe il primo attacco di quella che sarebbe divenuta una malattia mentale permanente e progressiva, con conseguente ritiro periodico dalle mansioni governative. Gli squilibri mentali verificandosi in frequenza crescente e sempre più intensa, portarono la corte a dividersi in fazioni politiche. La regina divenuta suo malgrado reggente del regno per conto del marito e dell’erede al trono, dovette destreggiarsi durante la guerra civile tra Armagnacchi e Borgognoni.
Il suo carattere risoluto e le voci del popolino le attribuiscono orribili nefandezze quali la lussuria, l’incesto e la stregoneria. Di sicuro c’è il fatto che Isabella deve fronteggiare la pazzia del marito, anche se sono in molti a pensare che tale follia sia più l’effetto che la causa della condotta della regina. Si narra che le turbe mentali di Carlo VI a quale Isabella regalava ben dodici figli siano provocate dalla stregoneria praticata dalla moglie. Anche perché la donna era in combutta con il duca Luigi d’Orléans, suo amante. Un racconto ci arriva dal gennaio del 1393 quando la regina organizzò una festa per celebrare il matrimonio di una dama di corte in cui cinque nobili, tra cui lo sposo, agghindati come selvaggi e ballando incatenati videro avvicinarsi il fratello del re, Luigi de Valois, che con una torcia gli diede fuoco, portando alla morte di quattro delle persone.
Nel marzo 1408, Jean Petit presentò una lunga e ben argomentata giustificazione a palazzo reale davanti ad un folto pubblico di corte, in cui sostenne in maniera convincente che Luigi d’Orléans, in assenza del re era diventato un tiranno e, guidato solo dalla sete di potere e dall’avidità che aveva praticato la stregoneria e la negromanzia, e aveva inoltre progettato un fratricidio. La questione poco dopo portò alla guerra in Francia. Isabella è stata vittima delle male lingue politiche? Forse, in parte. Certamente fu la fonte d’ispirazione per il racconto del marchese de Sade intitolato Histoire secernere d’Isabelle de Baviere, reine de France.
Gilles de Montmorency-Laval, conosciuto principalmente con l’appellativo di Gilles de Rais anche lui francese era un barone e signore di varie località in Bretagna, Angiò e Poitou, capitano dell’esercito francese e compagno d’armi di Giovanna d’Arco. È conosciuto per il suo coinvolgimento in pratiche alchemiche e occulte in cui torturò, stuprò e uccise almeno 140 bambini e adolescenti. Accusato di praticare l’occulto, dopo il 1432 venne implicato in una serie di omicidi di bambini e anni dopo vi fu una violenta controversia con un religioso che portò ad aprire un’indagine ecclesiastica per i reati d’accusa. Durante il processo i genitori dei bambini scomparsi e i servi di Gilles testimoniarono contro di lui, facendolo condannare a morte per una vasta serie di reati fino a portarlo alla morte per impiccagione.
Furono stilati 49 capi d’imputazione in cui si raccontava che de Rais avesse, con l’aiuto di complici, rapito numerosi bambini, per poi ucciderli nei modi più perversi, smembrandoli, bruciandoli, e offrendoli in sacrificio ai demoni, in collaborazione con prelati delle pratiche stregonesche. Indubbiamente la sua confessione avvenne dopo e sotto tortura.
Si pensa che Gilles de Rais abbia ispirato lo scrittore francese Charles Perrault per la fiaba del 1697 Barbablù (Barbe bleue), che appunto racconta di un crudele signorotto che uccide brutalmente le proprie mogli e ne nasconde i cadaveri in una stanza segreta del proprio castello.
Nulla vieta dopo queste storie di definire queste persone dei Mostri del Medioevo, v’è indubbio che le ‘voci’, o meglio, la parola è l’arma peggiore, che lacera, ferisce e cancrena il pensiero e l’animo della gente… se poi questa fa parte di un ceto sociale alto, plasmata dalla sete di potere, facilmente putrefà di crudeltà.