Sulla collina di Pizzofalcone è situato un palazzo dal portone chiuso, ben noto alla storia partenopea nonché luogo di grande respiro filosofico e storico. Il Palazzo Serra di Cassano che prende il nome dalla nobile famiglia napoletana, di origini genovesi, che volle la sua edificazione.
Nel 1679, la famiglia Serra ormai a Napoli dal XII secolo, nella persona di Giuseppe Serra, acquistò da Chiara Penchi, vedova del Regio Consigliere Luigi Gamba, un palazzo in mezzo ai mulini e agli orti.
Pagato 9.500 ducati oltre a qualche altra cosina, tipo 6 ducati ogni anno da girare in favore dei monaci del Monastero degli Olivetani compresi i giardini della villa dei Carafa di Santa Severina (visibile nella veduta Lafrery del 1566), ubicato appunto tra le due vie.
Nell’arco di 40 anni, la proprietà dei duchi di Cassano, risulterà nelle successive aggregazioni per lo più facenti parte del patrimonio Galzarano e del Monastero di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone. Nel 1725, il nuovo proprietario decise di demolirlo e affidò la costruzione della nuova dimora a Ferdinando Sanfelice che, in quegli anni, lavorava alla vicina chiesa della Nunziatella.
Il nuovo palazzo era molto esteso e aveva tre ingressi di cui il principale, che si apriva in via Egiziaca, fu chiuso in segno di lutto. Vi è poi quello su via Monte di Dio (prende il nome dalla omonima chiesa e convento fondati nel XVI secolo alla fine ed oggi non più esistenti), che prima era ritenuto secondario, e che divenne quello più utilizzato.
Mentre il terzo, sempre sulla stessa strada, continuò a svolgere la funzione di accesso per i servizi. Su questo lato, quindi, la facciata, completata da Giuseppe Astarita, presenta due portali bugnati ed è caratterizzata da un ordine di lesene corinzie in 7 campate.
Il portone storico del palazzo, che collega direttamente l’edificio su via Egiziaca con il cortile ottagonale interno, simile a quello di palazzo Doria d’Angri ma più basso e largo, è chiuso dal 1799, in segno di lutto e di protesta per il figlio del principe Serra di Cassano, Gennaro Serra di Cassano, giustiziato in seguito ai fatti della Repubblica napoletana nei quali il giovane nobile fu dichiarato partecipante alla Rivoluzione.
Una targa: “Pensa alla tua libertà – lo rincuorò il condannato“, con la frase di Leonardo Sciascia ne ricorda il compianto dolore.
Dopo che fu passata la carrozza che portava al patibolo Gennaro Serra di Cassano, suo padre decise di chiudere il portone, che dava di fronte a Palazzo Reale, fino a che a Napoli non si fosse respirata nuovamente la stessa aria di libertà annusata nei giorni della rivoluzione.
Il primo cortile quello più vicino alla via Egiziaca è stato studiato per esser realizzato in asse ai lati obliqui ove son ospitate le scale di servizio sui 4 lati, con ancora ai muri i mascheroni spegnifiaccola, introducenti ai vari ballatoi di smonto e a diverse altre entrate. Di particolare rilevanza architettonica risulta essere lo scalone monumentale, imponente e suggestivo, realizzato sempre dall’architetto napoletano, famoso in quegli anni.
A differenza di altre scale progettate Sanfelice in questo palazzo crea una doppia rampa ad un corpo solo, suscitando molto fascino anche per i contrasti dei colori del piperno e dei marmi bianchi che caratterizzano la struttura come dei merletti. In piperno grigio vesuviano e di marmo bianco carrarese, più o meno in linea coi progetti del Belvedere viennese è stato realizzato con tutta una serie di raffinatezze per condurre esclusivamente al piano nobile.
Nell’interno, le sale sono decorate con stucchi rococò e mobili neoclassici, e del grande scalone d’ingresso una scenografica decorazione settecentesca a trompe-l’oeil ci introduce verso la sala con paesaggi monocromi affrescati alle pareti.
Nelle altre sale, alcuni dipinti inquadrati in cornici di stucco di Giacinto Diano tra cui “Scipione l’Africano”, “Enea e Ascanio a Cartagine”, realizzati tra il 1770 ed il 1773, un dipinto di Alessandro Tiarini e la cona del “Giudizio di Salomone” di Mattia Preti.
Diversi altri cicli di affreschi religiosi decorano le altre sale del palazzo attribuiti a Fabrizio Santafede, ospitano in queste sale meravigliose il prestigioso Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, fondato nel 1975, e dalla relativa biblioteca, che dispone di oltre 160.000 volumi.
Concesso al Ministero Beni Culturali ed Ambientali con donazione da parte del Duca Francesco Serra di Cassano il 17 giugno 1982 donato con tutti i mobili, gli arredi, gli oggetti e i cimeli di famiglia, tra i quali va tenuto in conto anche l’Archivio Serra Cassano. Infine, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si resero necessari dei lavori di restauro a causa dei danni subiti.
Per lungo tempo ne è stato Presidente a vita dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici l’avvocato Gerardo Marotta, un “Illuminista del Duemila”, uomo di grande cultura e infaticabile estimatore della filosofia.
Un palazzo che trasuda la storia napoletana e italiana della filosofia e del pensiero libero, che sopravvive alla quotidianità fredda e distaccata, che muove solo sul concetto dell’apparire, degradando lo spirito.
Può tutt’ora essere una “porta aperta” per la nuova gioventù che ispirata degli ideali del passato, tutt’ora vivi, ha cercare di elevare il proprio spirito e il proprio pensiero liberamente.