E’ domenica ed è una bella giornata. Un caldo sole riscalda l’aria e noi abbiamo deciso di passare la giornata a Sorrento. Ci avviamo a prendere la circumvesuviana perché è la scelta più intelligente: niente traffico, niente problemi di parcheggio. Ti siedi e il treno ti porta a destinazione, senza contare che puoi osservare tutto quello che ti sta intorno, guardare il panorama che, verso la costiera sorrentina, è incantevole. Da via Salvator Rosa scendiamo verso Montesanto perché abbiamo scelto di passare per il centro storico. Passiamo attraverso una stradina che ci porterà poi alla stazione della metropolitana linea 2 di Montesanto. Una stradina che avrà chissà quanti anni; che è pavimentata con i basoli e che, attraverso una scalinata anch’essa fatta della stessa pietra, ci porterà alla nostra prima tappa. Chissà quanti anni avranno quelle pietre e quelle scale. Chissà quante e quante storie potrebbero raccontarci. Storie belle, storie brutte, ma soprattutto, storie di Napoli, di questa città meravigliosa. Ai lati di questa scalinata vi sono case e palazzi. Si sentono odori ormai perduti, di quando in casa ci alzava molto presto per preparare il classico “ragù” della domenica. Si sentono le massaie cantare mentre “spicciano” casa e i bambini giocare per strada con i loro vociare allegro, pieno di vita. Questo ti apre il cuore e capisci che queste cose le trovi solo qui. La gente dalle case ti guarda, ti sorride e ti augura “Buongiorno” Noi rispondiamo educatamente senza far mancare un “Forza Napoli” Arrivati a Montesanto, la nostra prima meta è una pasticceria dove prendere un cornetto per fare colazione; sono quasi le 11. Una signora, la proprietaria,  dietro una vetrinetta dove tiene la sua merce esposta, ci guarda, ci sorride e ci serve due dolcissimi cornetti crema e amarena. Il costo? Irrisorio: 50 centesimi ognuno e in questo va inserito anche il dialogo che si svolge con la proprietaria che ci racconta di come si è alzata presto per preparare, per aprire e altre notizie anche private e personali, ma qui, si sa, il privato è una parola che non non ha molto significato. Continuiamo verso la stazione della vesuviana e passiamo per la Pignasecca e qui si apre un nuovo mondo che sembra quello rappresentato sui presepi del 700. Bancarelle che vendono ogni ben di Dio, gente che va su e giù indaffarata e le voci dei pescivendoli che strillano in mezzo alla gente magnificando i loro prodotti. Su quelle tavole della pescheria un arcobaleno di colori: dall’azzurro delle alici al rosso delle triglie, al rosa del tonno e del pesce spada e poi tanti catini che contengono frutti di mare. Andiamo oltre e ci prepariamo ad andare verso Spaccanapoli. Arrivati in Piazza del Gesù Nuovo la quantità di gente per strada comincia a farsi importante. Comitive di turisti con guide al seguito e gente comune che rende omaggio alla storia e alla bellezza di questi luoghi e monumenti. Anche qui bancarelle e qualche artista di strada che si esibisce per la gioia dei passanti che fanno capannello. Ci fermiamo a prendere un caffè e quello che ci viene servita è solo un infuso di acqua e polvere di caffè, ma una una emozione. Si crea un rapporto di complicità col barista che lo prepara. Ti chiede come preferisci l’acqua, se naturale o frizzante (perché qui a Napoli il caffè si deve bere con la bocca pulita, senza nessun altro sapore per poter godere appieno di questa emozione), se zuccherato o amaro, perché lo zucchero si mette prima che il caffè scenda nella tazzina, così il matrimonio tra zucchero e caffè è perfetto. Tutto questo sotto lo sguardo complice ed esperto del barista che parla con te come se ti conoscesse da una vita. E tutto questo al semplice costo di 90 centesimi. Trovatemi voi un altro posto dove, per tale somma, ti servono un concentrato di umanità e dolcezza. Andiamo avanti sempre su via S.Biagio dei Librai passando per p.zza S.Domenico Maggiore, anch’essa piena di gente che passeggia e seduta ai tavolini dei bar. Un gruppo folkloristico si esibisce in una “Tammurriata” e io penso peccato non aver portato le castagnette, potevamo anche farci un ballo prima di andare via.

Scendendo, poco più avanti, c’è la statua del fiume Nilo, un dio per gli egizi, che testimonia quanto questa città abbia millenni di storia da raccontare. La statua ci guarda dall’alto e ci garantisce la sua benevolenza e noi continuiamo nel nostro cammino. Ai lati di questa strada bancarelle e negozi si alternano senza soluzione di continuità. Qui puoi trovare di tutto: dall’oggetto inutile all’opera d’arte e tutto questo a cielo aperto e a basso costo. Camminare in questo budello è difficile per la grande quantità di gente che c’è. Senti i dialetti e le lingue più varie e tutti sono diretti in un solo posto: S.Gregorio Armeno, la via dei presepi, dove circolare è impossibile vista la grande massa di persone che l’affollano. Usciti da S.Biagio dei Librai, attraversato via Duomo, siamo dentro Forcella. Una volta questo posto faceva paura, non aveva una buona fama, ma oggi è tranquilla. Ancora resiste qualche banchetto di sigarette, ma niente che possa sembrare pericoloso per chi vi si avventura. Si passa davanti all’ex ospedale Ascalesi e, di fronte, una bellissima fontana del 600 (credo), un po’ abbandonata e dimenticata, ci ricorda di come la città sia anche un museo a cielo aperto e dove i segni della storia non sono nascosti. Siamo arrivati finalmente alla nostra meta. Andiamo alla biglietteria e la bigliettaia, cortese e gentile, ci intrattiene con discorsi che nulla hanno a che fare col suo lavoro. Ogni occasione è buona per dialogare, anche se sai che queste persone difficilmente le rivedrai. Ringraziamo e andiamo a sederci in treno e mentre aspettiamo quei pochi minuti che ci separano dalla partenza mi torna in mente un pensiero dell’autore di Bellavista, Luciano de Crescenzo: In un mondo dove il caos regna sovrano, Napoli è l’ultima possibilità, per l’umanità, di salvarsi. E chest’ è!

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