Dopo l’esempio di Bologna, anche Napoli ha deciso di dotarsi di una Carta dei Diritti dei Riders.
Questo regolamento ha lo scopo di garantire, con i suoi 14 articoli, i diritti di una delle fasce più sfruttate della Gig Economy (economia dei lavoretti).
Le nuove evoluzioni della società e del settore dei servizi hanno infatti trovato, nel lavoro a partita IVA, uno strumento per usare in loro favore alcune mancanze della regolamentazione sul lavoro e, questa nuova pratica, si sta sempre più diffondendo nelle difficili condizioni a cui è sottoposta la classe lavoratrice del nostro paese. Il regolamento intende chiarire la posizione dei Riders dal punto di vista della sicurezza, della paga e dei diritti, mettendo al sicuro tali lavoratori da discriminazioni e sfruttamento.
”Ancora una volta Napoli è città dei diritti, vogliamo essere in prima linea per costruire diritti per le nuove forme di lavoro, ben ricompensato, sicuro e senza discriminazioni” così si è espresso il sindaco Luigi de Magistris.
Certo questo è un passo importante, ma va anche considerato che solo 50 dei 2000 Riders napoletani ha scelto di unirsi in un’organizzazione per fare sentire la propria voce. Per ora, sarà quindi difficile migliorare le condizioni di lavoro con le armi classiche della lotta sindacale.
Una delle questioni più gravose del problema è che, nella nostra città, un lavoro come quello del Rider, pensato per impiegare i giovani che vogliono guadagnare qualcosa al margine della loro regolare attività, sia diventato spesso l’unico metodo di sostentamento per intere famiglie.
Al contrario delle pubblicità che mostrano giovani in bicicletta che girano per le vie di Milano, a Napoli capita spesso di vedere per le strade motorini con su montate le scatole verdi di note aziende che consegnano cibo a domicilio con alla guida persone dai capelli grigi e lo sguardo stanco.
Come ho detto, un passo è stato fatto, ma il percorso per la regolarizzazione di un lavoro che garantisce un così comodo servizio alla popolazione è ancora lungo.