Continua il nostro viaggio nella storia per conoscere i Mostri del Medioevo, ovvero quei papi ed antipapi, sovrani e tiranni, inquisitori, mercenari e donne di malaffare. Dove il tranello e l’inganno, la morte e l’omicidio sono alla mercé di chiunque e la soluzione definitiva ed immediata.
Dal punto di vista religioso, una delle caratteristiche del Medioevo furono la diffusione sempre più capillare del Cristianesimo e dell’Islam. La religiosità medievale fu contraddistinta anche dalla fondazione di una fitta rete di monasteri, dalla nascita degli ordini mendicanti, dalla loro predicazione e dalla fondazione dei loro conventi. Invece dal punto di vista dell’organizzazione sociale, politica ed economica, può essere espressa con il feudalesimo, che seppur sviluppatosi in forme diverse in base al contesto ed al periodo storico, portò alla diffusione ovunque dei castelli e la nascita della classe dei cavalieri.
In questi anni di formazione e di altrettanto terrore, ecco altri personaggi che hanno lasciato una traccia ‘nera’ con le proprie azioni.
Il famoso pontefice eretico, ovvero Bonifacio VIII, che abbiamo conosciuto con Dante che lo destinò all’Inferno nella sua opera la XIX canto quando ancora era in vita. Al secolo Benedetto Caetani, di nobile stirpe, fu conosciuto come il papa dell’infamia e dell’empietà. Famosa fu la sua scaltra e infida azione nei confronti di San Celestino V, papa che fece del Gran Rifiuto l’errore (secondo Dante) per dare spazio allo stesso Caetani. Quell’atto che fu udito nella sala dei Baroni di Castel Nuovo (Maschio Angioino) a Napoli, e dove il conclave corrotto continuò eleggendo Bonifacio VIII. Quell’uomo semplice che accetto inizialmente la sfida perché spronato da tanti e che ritornò ad essere Pietro di Morrone dalla Majella nel suo mondo ascetico e eremitico, fu poi dal nuovo papa imprigionato nella rocca di Fumone (proprietà della sua famiglia), ma seppur non lo fece morire con violenza, lo stato di detenzione voluto dal Caetani può tuttavia aver peggiorato la salute di un ottantasettenne già debilitato dalle fatiche dei precedenti mesi. Altro atto terribile passato alla storia, dopo vari intrighi politici e attacchi al potere dei Colonna, famiglia nobile di cui temeva da sempre, nel corso dei negoziati che avevano preceduto l’atto di sottomissione dei Colonna al papa in Rieti, era stato stabilito, che la città di Palestrina, fulcro e roccaforte dei possedimenti dei Colonna, entrasse nel pieno possesso del papa. Non appena il Caetani entrò nel possesso materiale della città, diede ordine di distruggerla e la fece radere al suolo completamente nella primavera del 1299, su tutto il territorio della città fece cospargere il suolo di sale e ne fece perfino cancellare il nome, trasferendo la popolazione in una nuova città più a valle, denominata “Città Papale”.
Per arrivare al più famoso accadimento “schiaffo” di Anagni. La spinta contraria al papa dal partito imperiale e da Filippo il Bello di Francia fu accusato di aver ucciso il suo predecessore, di negare l’immortalità dell’anima e di aver autorizzato alcuni sacerdoti alla violazione del segreto confessionale. Inoltre, il concilio che aveva convocato il re con il clero francese vi aggiunse altre calunnie quelle di simonia, di sodomia, di eresia e molte altre colpe. Sulla base di queste critiche il Concilio decise per la destituzione del Pontefice. Ovviamente Bonifacio con la bolla Super Petri solio scomunica Filippi di Francia, ma non ebbe il tempo di promulgare, poiché il cancelliere reale Nogaret, insieme alla famiglia Colonna, capeggiata da Sciarra Colonna, organizzò una congiura contro di lui, cui aderirono parte della borghesia di Anagni e molti componenti del Sacro Collegio cardinalizio. Entrati indisturbati in Anagni, riuscirono a catturare il papa dopo un assalto al palazzo pontificio, e per tre giorni Bonifacio restò nelle mani dei congiurati, tra ingiurie dopo il celebre schiaffo che ebbe da Sciarra Colonna. Questi atteggiamenti fecero rivoltare la popolazione che liberò il papa, ma oramai vecchio e malato di gotta finì i suoi giorni a Roma.
Tra le donne famose del Medioevo visse a Milano la contessa lussuriosa: Bianca Maria Scapardone, contessa di Challant. Vedova, moglie di un nobile Ermes Visconti che venne condannato a morte per cospirazione, la giovane donna ne ereditò le ingenti sostanze. La collezione più famosa era quella degli amanti contando sul suo fascino e sulle ricchezze ereditate anche dal padre usuraio, mettendoli tra loro in competizione finché non si uccidessero l’uno con l’altro.
Quando poi veramente ci scappò il morto, l’amante Ardizzino Valperga, la contessa fu accusata come mandante e decapitata sul rivellino del Castello Sforzesco il 20 ottobre 1526. Tutto accadde perché stanca dell’amante lo allontanò, ma l’uomo non tollerò di essere abbandonato e si vendicò diffamandola. Fu così che Bianca Maria indusse l’ultimo dei suoi amanti ad ucciderlo e a portarle il sangue come prova. Venne scoperta dopo che le sue due cameriere, torturate, una delle quali a morte, confessarono le colpe della padrona. Oggi, secondo alla leggenda, nelle notti di luna piena, il suo spettro si aggira nelle stanze e nel giardino di Issogne con in mano la sua testa, e nel giorno della ricorrenza della sua morte, appare davanti al castello di Milano avvolta in un mantello mentre beve sangue da un’anfora fino a quando la testa le cade dal collo rotolando a terra.
Così non fu da meno da meno di questi due personaggi: Gian Giacomo Medici. Anch’egli milanese, fratello di papa Pio IV, e non aveva nessun legame con la famosa famiglia di Firenze, fu definito un brigante con la divisa da soldato.
Di precoce violenza, perché appena sedicenne commise un omicidio, uccise Paolo Pagnano con cui aveva avuto una lite, e per il quale fu bandito dalla città lombarda, riparò nella fortezza sul lago di Como che ne divenne la base per le sue scorrerie, che gli valsero l’appellativo di “signore dei briganti”. Abbracciata la carriera militare, combatté coma capitano di ventura contro i francesi e poi contro Carlo V. da tutti chiamato il Medeghino per la bassa statura, fu maestro di imboscate e organizzò azioni di guerriglia, non riuscendo a sconfiggerlo l’imperatore Carlo V lo ingaggiò, pagandolo con ricchezze e feudi. Per tutta l’Europa il suo nome echeggiò insieme alle urla delle vittime. La sua più nota mostruosità era quella di uccidere i nemici a colpi di accetta.
Sicuramente vivere in quegli anni non era facile, perché la strada del povero uomo, sia esso santo o peccatore, poteva sempre incrociare nel proprio cammino una guerra, un condottiero, un nobile, un’ammaliatrice o un papa che sopravvivevano a discapito degli altri brandendo la falce della morte.