Abbiamo sentito spesso parlare del caffè sospeso nato a Napoli tanti anni fa, iniziativa secondo la quale si paga un caffè senza consumarlo, al fine di consentire a chi non può permetterselo di berlo gratuitamente. E da qui nel corso degli anni sono partite altre iniziative in città italiane e del mondo, tra cui il pane sospeso a Genova, il libro e il giocattolo sospeso sempre a Napoli, le sciarpe a Bologna. Ma tra le ultime iniziative a scopo solidale c’è quella del “cappotto sospeso” iniziata nel 2018 a Monza, ma non pubblicizzata e ripresa l’anno scorso ad Udine.
Il gesto di donare un cappotto a chi ne ha bisogno è un grande segno di solidarietà verso chi è meno fortunato di noi, ma la scelta di creare un “muro della gentilezza“, appunto “The wall of kindness” così denominato e creato in Svezia, rappresenta ancor più che la donazione di un oggetto ad un’altra persona, l’essere quasi vicino fisicamente a chi ne ha bisogno. Il cappotto è inteso come un abbraccio che dai e che scalda, mentre la scelta di appendere i cappotti ad un muro è la voglia di abbattere le barriere e i limiti umani, ed essere un’unica realtà.
E proprio perché Napoli è tra le prime ad aver iniziato, perché non far prendere vita ad un “muro della gentilezza” anche qui, città piena non solo di clochard, ma anche di tante persone che non vediamo quotidianamente per strada e che non chiedono per dignità personale, ma che hanno tanto bisogno di un “abbraccio” che li riscaldi?