La povertà. Il dramma della vecchiaia e della solitudine.

La dura lotta per riuscire a tirare avanti nonostante la miseria, senza perdere la propria dignità di persona. Una società impietosa, capace di calpestare chi è ormai giunto alla fine della sua esistenza, condannandolo a un’esistenza di emarginazione totale, dopo aver perso tutto. Di tragedie come queste se ne leggono ogni giorno sui social e sui giornali come se fossero solo problemi di oggi, ma temi così “attuali” furono “trattati” e messi impietosamente a nudo, nel 1952, dallo straordinario duo Cesare Zavattini & Vittorio De Sica con uno tra i film più significativi del movimento neorealista, Umberto D.

Attraverso l’impietosa storia di Umberto Domenico Ferrari, funzionario al Ministero dei Lavori Pubblici con una pensione di diciottomila lire al mese dopo trent’anni di lavoro, completamente ridotto in miseria, costretto a mangiare nelle mense pubbliche e ad alloggiare in una misera stanza infestata da formiche e parassiti che è costretto ad abbandonare a causa del matrimonio della padrona di casa, distrutto dopo che i vecchi colleghi non si curano più di lui e anzi gli negano anche un piccolissimo aiuto, incapace di chiedere la carità a causa del suo orgoglio, Umberto D decide di suicidarsi.

Eppure, nella fase finale, grazie all’aiuto del suo cane, Flick, deciderà di rinunciare a tale decisione, nella disperata speranza che la vita, in fondo, possa riservare ancora qualche speranza. Zavattini & De Sica, con questo capolavoro allo stato puro, sferrano un violento pugno nello stomaco dello spettatore, costringendolo a doversi confrontare con la dura realtà di tutti i giorni, attraverso una storia cruda e semplice, ritratto duro e amaro di un’Italia che cerca difficilmente la via per risollevarsi e di una povera persona anziana abbandonata da tutto e da tutti.

Un film che andrebbe trasmesso ai giorni nostri allo scopo di sensibilizzare le persone, il cui tema è più attuale che mai e trattato con una delicatezza di espressione e una voluta povertà di mezzi così esplicite per essere catapultati nella dimensione reale della vita, delle sue sofferenze, delle sue verità.

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