Antonio De Curtis in arte Totò.

Un attore che dovrebbe essere noto a tutti, napoletani e non, grazie alle continue repliche di gran parte dei suoi film, che hanno mantenuto vivo il suo ricordo, e finendo per rendere odiate le pellicole da lui interpretate a causa di un tale iper-sfruttamento televisivo, che sviliscono il suo ricordo.

Ormai, i film che riescono a non “disgustare” il pubblico sono quelli in cui è affiancato da validi attori, capaci di “costringerlo” ad una “recitazione misurata” – Gino Cervi in Il Coraggio / Fernandel in La Legge E’ Legge / Walter Pidgeon in I Due Comandanti – quando interpreta figure umane “profonde e complesse” – Guardie e Ladri / Il Comandante / Totò e Marcellino / Totò e Carolina / Lo Smemorato di Collegno – o quando lo sceneggiatore o il regista è stato in grado di gestirlo in “maniera adeguata” – Totò Le Moko / Totò Contro I Quattro / La Banda degli Onesti / I Soliti Ignoti – e merita di essere menzionato, in tal senso, Uccellacci e Uccellini di Pier Paolo Pasolini, tra i pochi ad averlo valorizzato al meglio come attore.

Ma per il resto?   Il buio più totale

La sua casa natale nel Rione Sanità in Via Santa Maria Antesaecula – un appartamento di circa novanta metri quadri al secondo piano – giace nel più totale abbandono, privo di finestre e con il pavimento che rischia di crollare, ed è presente soltanto una misera targa che racconta le sue origini, realizzata dalla gente del suo quartiere e non dal comune, che non sembra comprendere che il suo restauro e la riqualificazione dell’intera zona permetterebbe un rientro economico enorme in ambito di turismo e di iniziative collaterali.

Il museo a lui dedicato nel Palazzo dello Spagnuolo, in Via delle Vergini 19, nonostante i finanziamenti della Comunità Europea, non è mai stato completato nei restauri e, al suo interno, avrebbe dovuto essere messo in mostra il materiale che i suoi familiari e sua figlia, Liliana De Curtis, ha conservato tra Roma e Napoli, per non parlare degli aggiustamenti ancora da iniziare o ultimare, tra cui il solaio, i due terrazzi, le due scale e l’ascensore.

Quale colpa può aver commesso Antonio de Curtis per meritare un fato tanto avverso?

In teoria, solo una: quella di essere nato a Napoli, una città dura e crudele che, spesso, costringe i propri figli ad andarsene, per poi non riconoscerne, in tempo, i meriti.

Ma il caso di Totò non è un evento isolato: in Italia sono fin troppi coloro che, in vari ambiti di tipo artistico o culturale, hanno ottenuto in vita poca considerazione o credito e che, una volta morti, o sono stati riscoperti grazie all’azione di appassionati che hanno tentato di mantenerne in vita la memoria o che sono finiti nel dimenticatoio, ricordati da pochi.

In un altro paese, sarebbe stato celebrato in maniera degna: il suo luogo di nascita sarebbe stato preservato e reso un bene culturale, permettendo al luogo in cui è situato di sfruttare l’afflusso di visitatori per renderlo molto più vivibile ed abitabile, mentre un potenziale museo dedicato a lui non solo ne avrebbe mantenuto vivo il ricordo, ma ne avrebbe tramandato la gloria.

Forse, un paese come l’Italia non ha mai meritato un talento del suo calibro e della sua bravura.

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