La scorsa settimana è stata lanciata la provocazione del Mistero della maschera scomparsa. Si narrava con artificio di un’opera di Nicholas Tolosa trovata senza volto, anzi senza maschera.
La traccia era a Napoli tra i quartieri della città ed era uno dei tasselli dell’itinerario di opere streetart del progetto “Nafricapoli”. In realtà l’opera non era mai svanita dal suo luogo perché non è stata ancora esposta.
L’opera ha un titolo, “Thabo”, e l’installazione è curata da Enzo Battarra. La verità è che i tempi lunghissimi della burocrazia relativa a permessi e altro stanno rallentando la collocazione di “Thabo”. L’opera sarà inserita nel quartiere di Secondigliano sulla facciata di una scuola. Periferia nord di Napoli, ma i centri sono fatti di periferie e viceversa, senza questa concatenazione entrambi non esistono. Si pone quindi l’accento sulla riqualificazione delle periferie sempre discussa e mai attuata, in modo tale da includere le stesse in itinerari turistici alternativi, al di fuori delle solite strade già battute.
In attesa che “Thabo” venga collocata si è voluto raccontare la storia di una maschera rimossa, che svela la verità, ovvero niente. Si è voluto anche indicare che l’arte sia stata rimossa dall’opinione pubblica, in questo periodo di Covid e di pandemia, di chiusura e scomparsa della cultura… Tutte le forme di espressione artistica scompaiono lasciando il vuoto.Questa opera lascia ancora nel vuoto il messaggio straordinario,in questo momento molto attuale, di integrazione senza differenze e di evoluzione culturale storica e artistica, aperta a tutti con “Nafricapoli”.
Il curato Enzo Baratta descrive l’opera: “Napoli e l’Africa, corrispondenza d’amorosi sensi. Storie di passioni, di incontri, di integrazioni. Partenope è città sul mare con porto, capace di guardare oltre ogni orizzonte, di pensare avanti. Ed è terra vulcanica baciata dal sole. Prende calore dal sottosuolo e dal cielo.
«Nafricapoli» non è solo il titolo di un progetto, è la compenetrazione di due culture, l’unione di due anime gemelle in una sola parola, che è parola composta. La crasi è come un ponte costruito sull’arcobaleno.
Tutto ciò può avvenire solo alla luce del sole e Nicholas Tolosa porta i pezzi della sua «Nafricapoli» a spasso per la metropoli partenopea. È un’invasione pacifica, una contaminazione felice. Napoli e l’Africa si incontrano per strada perché per strada vivono i loro figli. All’ombra del Vesuvio la strada è teatro quotidiano, è racconto, è leggenda. È vita.
Nicholas Tolosa porta la street art lì dove l’arte è da sempre in strada, in cammino. E lo fa dipingendo le sue impassibili maschere di gusto africano in dimensioni giganti. Lo stile è il suo. La scelta cromatica è quella di usare tutti i colori sommandoli nel bianco e nel nero. E poiché la realtà non è mai black and white, finisce per prevalere il grigio, che è la terra di mezzo, con tutte le sue sfumature.
Anche «Thabo» è essenzialmente grigio, proprio perché figlio di «Nafricapoli». È meticcio, rappresenta la contaminazione. Riporta alla memoria ThaboMbeki, l’uomo del dopo Mandela, colui che ha proseguito nell’opera politica del suo predecessore, desiderando un Rinascimento africano. La maestosa opera di Nicholas Tolosa ha la stessa forza di una testa di bronzo di Ife. È un volto austero, con i suoi solchi, ma anche con le sue campiture di colore-noncolore, geografie cromatiche nel segno del bianco e del nero, nuvole fluttuanti su un universo facciale che è grigio, quindi è mescolanza, è congiunzione di due lune.
C’è popolo alle spalle di «Thabo», c’è comunità, voglia di riscatto. Ma c’è anche eleganza pittorica, raffinatezza nelle proporzioni, slancio verticale. Sfida. Un giorno la maschera si staccherà dal muro, parlerà e narrerà di viaggi dall’Africaa Napoli, di navigazioni tempestose, drammatiche, e di approdi desiderati. «Nafricapoli» è il racconto di popoli che si incontrano. Non esistono nord e sud, sono solo convenzioni geografiche. Quel che esiste sono i mondi paralleli, fatti di persone che devono incontrarsi e sapersi amare. A partire da una terra cui fu una sirena a darle il nome e dove quella creatura marina rinasce quotidianamente. Nome magico Partenope.“