Essere creduloni, essere sempliciotti, essere… mamozi!
In Campania, in particolare nella città di Napoli e zona Flegrea “Sie’ ‘nu mamozio!” ha un significato molto peculiare.
Da buoni seguaci di Totò, noi conosciamo il personaggio Mamozio del film “Il Monaco di Monza”, in cui l’attore Macario fa da spalla al principe della Risata e all’antagonista Nino Taranto.
E vista la liquefazione da poco di San Gennaro, durante la supplica rivolta al ‘martire’ se il prodigio ritarda, si sente declamare: “San Gennaro, San Gennà ‘sta città te cerca aiuto, tu però te sì addurmuto e ‘sta storia adda cagnà. Nun vulimmo a ‘nu mamozio ca nun tene autorità, San Gennaro San Gennà vire e nun ce sta a scuccià” (San Gennaro, San Gennaro questa città ti chiede aiuto, tu però ti sei addormentato e questa situazione deve cambiare. Non vogliamo un mamozio che non ha autorità, San Gennaro, San Gennaro provvedi e non stare a scocciare).
Ma questo nomignolo di persona credulona, buffa, goffa e po’ strana con una punta dispregiativa, ma quantomeno canzonatoria e derisoria indica una persona definita inadatta alla situazione: a volte, nel gergo colloquiale, si può definire “mamozio” anche un oggetto inutile, curiosamente fuori posto.
Ma la sua storia è antica… il tutto ha avuto inizio nel 1704 quando a Pozzuoli durante gli scavi per la costruzione della chiesa di San Giuseppe venne ritrovata una statua senza testa appartenente al console romano Quinto Flavio Mesio Egnazio Lolliano Mavorzio.
Ritrovata una testa fu collocata ma essa risultò essere sproporzionata e molto più piccola del corpo. Il risultato causò agli occhi di tutti una disarmonia tale che donava a Lolliano Mavorzio un’aria poco credibile e molto comica. L’esito era che la testa non fosse quella, ma le autorità la lasciarono in loco ed il povero console venne preso in giro per anni per la sua “faccia da ebete”, eppure il popolo si affezionò talmente tanto a lui da farlo entrare nelle loro preghiere quotidiane.
Col tempo il nome venne storpiato da Marvozio a Mamozio, e si consolidò nel gergo puteolano (e non solo), finché la statua venne affiancata da quella del vescovo Martín de León Cárdenas, nella piazza del Mercato. Gioco facile che divenne San Mamozio, protettore dei venditori di prodotti ortofrutticoli pronto ad accogliere suppliche ed omaggi.
Alla statua venivano offerti i frutti di stagione, ortaggi e verdura e per preservarla fu spostata nell’anfiteatro flavio lontana da possibili danni (oggi si trova al Museo Archeologico dei Campi Flegrei) e la sua figura è diventata famosa anche a Procida, Ponza ed Isernia.
Nel frattempo nella piazza rimase quella del vescovo a cui vincominciarono a rivolgere le preghiere chiamandolo con lo stesso appellativo. Il popolo quando seppe che c’era il rischio che anche il vescovo mamozio fosse spostato incominciò a raccontare che sarebbero scaturite una serie di calamità naturali, e qui si consolidò il vero significato di questo termine.
Essere un Mamozio, non vuol dire solo essere goffo, semplicione a tratti imbranato, e fuori posto vuol anche significare che comunque e nonostante quel modo di essere sarai accettato da chiunque.
Di conseguenza “sie ‘nu Mamozio? Non preoccuparti perché seppur goffo e sempliciotto sarai ben voluto, addirittura qualcuno ti chiederà protezione!”