I ricercatori della struttura BioArCh dell’Università di York – in collaborazione con quelli di Tor Vergata e di Catania – analizzando diverse anfore di epoca medioevale trovate in Sicilia, hanno rinvenuto al loro interno numerosi residui chimici di uva, dimostrando come la Sicilia produceva ed esportava vino partendo dal porto di Palermo fino a raggiungere le terre cristiane e tutto il Mediterraneo.
Infatti, dalle analisi dei resti di uva rinvenuti all’interno delle giare si è scoperta la presenza di molecole molto simili a quelle che vengono ottenute dai moderni etnologi che utilizzano contenitori di ceramica per fermentare il vino, confrontando il rapporto tra acido tartarico e acido malico, che differiva sostanzialmente da quello esistente tra la frutta secca e quella fresca.
Ciò non fa che dimostrare che i musulmani siciliani, anche se non consumavano il vino da loro prodotto per motivi di carattere religioso, ne comprendessero la rilevanza agricola ed il valore economico tanto da voler creare un piano di business esportativi partendo da Palermo e dintorni, con livelli di produttività mai visti prima del loro arrivo, intorno al IX secolo d.C.
Si può dire che, grazie alla presenza degli arabi in Sicilia, l’isola è riuscita a svolgere un importante ruolo di crocevia nei traffici commerciali del Mediterraneo, in quanto inserita nelle rotte commerciali che riuscivano a snodarsi tra Alessandria d’Egitto e il Maghreb, rilanciando l’economia isolana tramite lo sviluppo di fruttuosi scambi commerciali con il mondo esterno.
Questo perché, nella fase della loro dominazione, gli arabi sono stati in grado di portare, sull’isola, un nuovo tipo di sistema agricolo, con il quale si assistette alla fine della monocoltura del grano e all’introduzione di coltivazioni come riso, agrumi, cotone, canna da zucchero, palma da dattero, grano duro, sorgo, carrubo, pistacchio, gelso, ortaggi quali melanzane, spinaci e meloni, oltre a trasmettere importanti ed innovative tecniche di irrigazione per poter riuscire a sostenere le nuove coltivazioni importate.
Grazie all’affiancamento del commercio del vino con le produzioni di queste nuove colture – e agli scambi di pesce salato, formaggio, spezie e zucchero – si è potuto avere un potenziamento delle rotte commerciali esistenti in questa epocale fase storica; tutto ciò come viene dimostrato dall’aumento sia della produzione che dell’intensificazione dei legami commerciali tra il mondo cristiano e quello islamico nel più vasto panorama, dell’epoca, della cultura mediterranea.
Fonte articolo: Archaeology & Cosmos
Fonte foto: engramma.it