La legge dell’Islam si è pronunciata: il matrimonio tra un adulto e un adolescente (da 9 a 12) è assolutamente lecito. E’ sufficiente che le bambine abbiano raggiunto la pubertà, ovvero siano in grado di procreare. Le autorità religiose di Ankara hanno dunque dichiarato lecita l’esistenza e quindi la pratica delle spose bambine, ancora molto diffusa in Turchia.
Nel sito della Diyanet, l’Autorità per gli Affari religiosi, sono elencate le regole islamiche su pubertà e nozze e sempre la Diyanet ha ridotto l’età minima, facendola coincidere con la fine dell’infanzia. Saranno chiaramente i genitori delle piccole a decidere per loro ed a fungere da garanti, almeno fino ai 15 anni, quando le ragazze potranno scegliere da sole se e quando sposarsi.
Erdogan, il “sultano” turco, risulta essere ferreo sostenitore delle tradizioni islamiche rispetto ai suoi predecessori, ed ecco aumentare le percentuali di “spose bambine”.
Ad aggravare il tutto, una legge recente ha equiparato il matrimonio religioso a quello civile, rendendolo dunque ufficiale e non più simbolico. Come se non bastasse, sovente le bambine vengono vendute dai genitori, spesso rifugiati siriani ed iracheni, che si avvalgono dell’espediente “nozze” per legarsi ad una famiglia turca ed essere dunque in pace nel Paese di Erdogan, dove la legge di Maometto è sempre più forte.
Davvero allarmanti le stime delle Nazioni Unite agli inizi del 2018, secondo cui le spose bambine nel mondo erano circa 60 milioni. Bambine di 15, 13 ed anche di 11 anni sposate ad uomini adulti anche di 60 anni. Drammatico è che anche in Italia aumentino i casi di matrimoni con minori. Da ricordare le nozze approntate per una ragazzina di Torino. Di origine Egiziana la quindicenne una mattina del 2017, da scuola chiamò il Telefono Azzurro per denunciare il suo prossimo matrimonio impostole con la forza che si sarebbe celebrato a distanza di pochi giorni. Ospite di una comunità, la giovane è stata “salvata” e la magistratura è immediatamente intervenuta per fare chiarezza sulla vicenda.
Un altro caso è di settembre 2017 a Firenze, ed ancora un altro a Palermo, dove dal mese di dicembre 2017 si è costituito un Osservatorio di cui ne è parte il Tribunale per i minorenni ed anche la Presidente della Consulta delle Culture. Lo scopo è di far cessare una pratica che coinvolge delle innocenti indifese, e poiché ogni anno si contano 15 milioni di matrimoni nel mondo in cui la sposa è una minore, tanto più urge che i tempi si abbrevino.
In Italia il fenomeno è in espansione tra le comunità dei migranti, nelle baraccopoli, negli insediamenti Rom, e talvolta è l’evasione scolastica il segnale che l’abbandono è legato ad un matrimonio forzato; ma scoprire tutto ciò è davvero difficile, perché difficile è che la minore denunci. Il gesto è vissuto come un tradimento verso la famiglia “carnefice” e come la violazione di una tradizione assurta a legge.
Ciò che però non va dimenticato, ed anzi ribadito ed affermato con forza, è che: “Ogni bambina ha il diritto di essere protetta e trattata con giustizia dalla famiglia, dalla scuola, dai datori di lavoro anche in relazione alle esigenze genitoriali dai servizi sociali, sanitari e dalla comunità. Ha diritto di essere tutelata da ogni forma di violenza fisica o psicologica, sfruttamento, abusi sessuali e dalla imposizione di pratiche culturali che ne compromettano l’equilibrio psico-fisico”. Tutto ciò lo apprendiamo dai primi due articoli della Carta dei diritti della bambina, un documento approvato a Reykjavik nel 1997, all’indomani della Quarta Conferenza Onu di Pechino, che punta ad abbattere la discriminazione di genere e ad attribuire ad ogni bambina le stesse opportunità dei coetanei maschi.
Urge dunque la necessità di dare esecuzione alla “Carta”, affinché non rimanga una mera raccolta di belle parole, perché c’è l’inviolabilità delle minori da tutelare, e nessuna convenzione, tradizione etnica o religiosa vi può essere anteposta.