Sulle pagine del Journal of Thrombosis and Haemostasis – ad opera dei ricercatori dell’Ospedale Generale di Vienna – è stato pubblicato un importante studio su una “potenziale cura” riguardante i “rari casi” di trombosi legati alla somministrazione di alcuni tipi di vaccino anti Covid con vettori virali come quelli di AstraZeneca e Johnson & Johnson.

Una terapia in fase di sviluppo – a base di anticoagulanti privi di eparine, con un alto dosaggio di immunoglobuline e prednisolone – e dalle funzioni rapide, è stato testato con un buon successo su una paziente di sessantadue anni che aveva sviluppato una trombocitopenia trombotica immunitaria dopo l’inoculazione del farmaco di AstraZeneca.

Inizialmente giunta in Pronto Soccorso con numerose macchie cutanee ed ematomi,  presunti sintomi di trombosi in via di sviluppo, si è potuta salvare solo grazie alla rapida azione del gruppo che le ha somministrato prima una dose di immunoglobuline ad alto dosaggio per via endovenosa per bloccare la risposta immunitaria “sbagliata”, poi del cortisone e diversi anticoagulanti specifici allo scopo di prevenire la trombosi – evitando i classici preparati a base di eparina, in quanto potrebbero causare o velocizzare gli sviluppi di trombosi.

A provocare quello che, a parere degli scienziati, è un pericoloso quadro clinico, è essenzialmente una risposta immunitaria di tipo difettoso, con l’organismo che finisce per produrre anticorpi che attivano i trombociti con una conseguente bassa conta delle piastrine e sviluppo di trombi, causando un tasso di mortalità che finisce per attestarsi tra il 40% e il 50%.

Ora, la priorità deve diventare creare una efficace strategia per un trattamento salvavita per gli effetti della trombosi indotta dal vaccino, allo scopo di trattare altri pazienti in condizioni simili se sottoposti al vaccino AstraZeneca e Johnson & Johnson.

 

Fonte articolo: notizie.virgilio.it

 

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