La boria, o meglio quando si tronfia di ostentazione o di superiorità, quel modo di “sentire” e di comportarsi, di muoversi e di gesticolare, questo atteggiamento in cui diventa un modo di essere.
In molte occasioni utilizzato anche per attrarre a se, nel bene e nel male, le attenzioni, perché ci si sente in una posizione di rilievo, di importanza (non a caso in questo periodo un infeltrito personaggio ha cercato di fare a discapito di altre persone).
Da buoni napoletani ovviamente potremmo rispondere a questo atteggiamento e a colui che lo adotta con varie inclinazioni di termini: statt’ ‘a casa, scinne ‘a cuollo, statte malamente, e tante altre.
Nella nostra lingua napoletana esiste un termine che racchiude questo atteggiamento e la definizione che il popolo ha dell’individuo che lo adopera: scemanfù.
Il termine si compone della sua origine francese e della particella ‘scem’ che la tradizione ha unito e fuso insieme. Quindi dall’espressione “me ne frego, me ne fotto” che in lingua romanza si traduce come ‘je m’en fous’. Basta pronunciare l’unione di queste due parti, ovvero ‘scem’ + ‘je m’en fous’, e nasce scemanfur.
Insomma, quando la vostra presunzione ed ostentazione di superiorità sugli altri prevarrà, divenendo addirittura un atteggiamento, non arrabbiatevi se vi sentirete dire: sta’ venenno scemanfù (sta venendo il borioso). Non è un’offesa è solo una definizione per definirvi!