Oggi 17 gennaio si festeggia Sant’Antonio Abate a Napoli, patrono della città e protettore degli animali (in particolare il maiale o cinghiale), del fuoco (incendi, pompieri, pizzaioli), protettore in difesa del Diavolo, protettore e taumaturgo contro le malattie delle infiammazioni della pelle e soprattutto del cosidetto “fuoco di Sant’Antonio” (il termine generico per “ignis saces” che comprendeva varie malattie che con il progresso scientifico nel tempo hanno assunto proprie e specificazioni: esempio l’herpes zoster.
Dal libro edito Cuzzolin: “Come abbiamo visto i monaci Antoniani utilizzavano il grasso dei maiali per curare varie malattie della pelle denominate “il male di sant’Antonio” o “fuoco di sant’Antonio”; per questo nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato a Sant’Antonio che poi fu considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e da stalla. Per ingraziarsi i monaci e quindi il Santo loro protettore, tra i napoletani si diffuse l’abitudine di allevare maialini che quando erano ben pasciuti venivano donati ai monaci che li sacrificavano e a loro volta offrivano ai devoti il lardo ricavato avvolto nell’immaginetta del Santo che veniva usato per i più disparati morbi. Ovviamente questa non era una pozione magica e da tutti quei fedeli che non ottennero la guarigione sperata nacque il proverbio: “restare co lo llardo dint ’a la fiura”, ovvero non ottenere lo scopo.
Il Santo è invocato contro tutte le malattie della pelle e contro gli incendi. Alcuni Autori hanno pensato che le fiamme poste ordinariamente a fianco del Santo fossero l’immagine di malattie non solo del corpo, ma anche dell’anima. Ecco una antica orazione:
Dio, che avete fatto trionfare il Beato Antonio col segno della Santa Croce da tutte le tentazioni di Satana, fate che, a nostra volta, muniti dello steso soccorso e difesi dai suoi meriti, ci sia possibile vivere in completa sicurezza all’ombra della vostra protezione. Dio onnipotente ed Eterno, vi supplichiamo di liberarci dalle imboscate di Satana, come fece il Beato Antonio, vostro glorioso Confessoratore, che mise in fuga la moltitudine di Demoni grazie all’intervento dello Spirito Santo. Per nostro Signor Gesù Cristo che vive e regna in tutti i secoli dei secoli. Amen”.
sempre dal testo di Marco Fiore e Claudio Francobandiera si legge: “Nonché contro il Demonio, almeno per il popolo, che diceva “Sant’Antuono, Sant’Antuono lu nemico du Demonio”.
Particolare era la tradizione di benedire gli animali (in particolare i maiali), legata direttamente a Sant’Antonio, che nasce nel Medioevo in terra tedesca, quando era consuetudine che ogni villaggio allevasse un maiale da destinare all’ospedale, dove prestavano il loro servizio i monaci di sant’Antonio. Anche se va scemando nel tempo, tutt’ora vi è la tradizione di portare a benedire gli animali, non solo quelli di allevamento e quindi sostentamento, ma oggi anche quelli di compagnia ed esotici. Fino all’ultima guerra si facevano girare gli animali per tre volte intorno alla chiesa del santo nel giorno della sua festa (17 gennaio), il numero e la forma geometrica richiamano sicuramente il simbolismo esoterico e religioso. Secondi alcune fonti storiche questa tradizione che precedentemente veniva svolta intorno al simulacro di un cavallo (detto di Virgilio) presso la porta piccola del Duomo o secondo altri alla chiesa di Sant’Antonio, a Napoli riguardava solo i cavalli, tutte le domeniche dal 17 gennaio fino alla Quaresima. La tradizione rimane oggi nei biscotti tondi (taralli) con la glassa bianca di zucchero, che vengono venduti durante la festività per le strade del quartiere ‘buvero’; gli stessi dolci erano infilati in una corona che veniva usata per adornare il cavallo da benedire.“
E potremmo continuare a iosa.
Questo testo che ben descritto utilizza la metafora di voler far parlare le pietre di una Chiesa, cercando di aprire il sipario su una parte della storia e delle tradizioni napoletane non troppo approfondite dalla ricerca della storiografia ufficiale. Un mero viaggio nella storia e nella tradizione, attraversando tematiche come la medicina, il folklore e l’esoterismo per raccontare una delle figure sacre e popolari di Napoli: Sant’Antonio Abate.
Il suo culto a Napoli che nei secoli ha influenzato modi di dire nel linguaggio comune, di agire di fare, di pregare e, perché no, di curare malattie. Gli autori hanno cercato di far luce sui vari aspetti offrendo un libro che non fosse puramente agiografico, né di consultazione accademica, ma fruibile da chiunque fosse curioso di conoscere vari aspetti della storia e tradizioni della città partenopea legate al taumaturgo. Connessa al Compatrono la storia dell’ordine e della chiesa in città, che ha dato vita al borgo popolare e alle sue tradizioni culinarie, alla festività ed agli usi e costumi che nel tempo si sono sempre più radicate nel territorio. Ad arricchire il testo un’attenta ricerca dei simbolismi del Tau e del Fuoco di Sant’Antonio, regalando a questo personaggio aspetti dimenticati di Esoterismo e Medicina. Infine, ad impreziosire una serie di documenti e aneddoti storico, artistici, antropologici e culturali, enogastronomici e immagini inedite.
Gli autori hanno dichiarato: ” ‘Qualcuno’ in ambito filosofico utilizzò per la sua opera principale il sottotitolo ‘un libro per tutti e per nessuno’, noi vogliamo utilizzare questo sottotitolo per consigliare il libro a tutti coloro che sono interessati alla riscoperta della propria identità legata alle tradizioni e sconsigliarlo a coloro che cercano nella lettura strumenti per la loro affermazione economico e sociale”.
Quindi oggi non resta che affidarci alla protezione del Santo Antonio Abate, invocandolo con l’ultima strofa scritta nel 1964 ed il 1969 dal gruppo musicale dei GUFI, che riprendendo i temi della canzone popolare con ironia e dissacrazione, dedicò questo testo musicale a Sant’Antonio che in quegli anni ebbe successo:
“Vi saluto care amice lu signore ve benedice
E fa cresce lu patrimonio cun le grazie e Sant’Antonio
ca dimane Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie
Sant’Antonio Sant’Antonio lu nemice dellu dimonie.”