L’Emigrazione meridionale al nord.
Un fenomeno che, durante il secondo dopoguerra, coinvolse il nostro paese per quasi venticinque anni, prima di esaurirsi quasi del tutto intorno agli anni ’70, trovando il suo maggior picco nel periodo dal 1958 al 1963 quando, dalle regioni del Mezzogiorno, oltre un milione e trecentomila persone partirono, in cerca di un possibile futuro migliore.
Costoro, oltre al problema di integrarsi in una società che, con difficoltà, li accettava – negandogli spesso, tra l’altro, un alloggio dignitoso – dovettero affrontare una profonda crisi dei legami familiari e della loro corruzione al mutare delle condizioni esistenziali, portandoli, a volte, ad azioni che danneggiavano altri loro simili. Ad analizzare una tale situazione, nel 1960, prendendo come spunto l’opera Giuseppe e I Suoi Fratelli di Thomas Mann e i Racconti de Il ponte della Ghisolfa di Giovanni Testori, ci ha provato il regista Luchino Visconti, con un film da tempo selezionato tra i 100 da salvare della filmografia italiana: Rocco e I Suoi Fratelli.
Rosaria, una povera vedova della Basilicata, si trasferisce a Milano insieme ai quattro figli per raggiungere il maggiore, Vincenzo che da tempo vi vive e lavora, nella speranza di risollevare le sorti della famiglia, da tempo dissestate a causa della morte del marito. Ma, dopo un inizio promettente nel quale Rocco, Ciro e Simone riusciranno a trovare un’occupazione, quella che doveva essere una rinascita familiare si trasformerà in una discesa all’inferno nella quale si assisterà al lento e inevitabile sgretolamento di quei valori che credevano inviolabili.
Simone, finito in un brutto giro, ucciderà Nadia, una donna che lo aveva inizialmente lasciato per Rocco, portando la famiglia non solo a un passo dal perdere quello che avevano conquistato, ma anche a scoprire tutto sui debiti e imbrogli fatti per ottenere il loro nuovo benessere. Sarà alla fine che Luca, il più piccolo e Ciro, diventato un operaio, comprenderanno che ormai non sono più gli stessi, e come la città che hanno raggiunto pieni di speranze sia in realtà un ammasso di cemento grigio e inospitale che, alla fine, li ha segnati nell’animo.