Il 7 aprile 2021 hanno ripreso la didattica in presenza, indipendentemente dal colore della zona di appartenenza, tutti gli alunni che frequentano le classi dalla scuola materna fino alla prima media, con il rigoroso rispetto del nuovo protocollo per la riduzione dei contagi predisposto dal premier Mario Draghi. Non sono mancate reazioni da parte dei genitori, in parte favorevoli (sia per i figli stremati dalla reclusione in casa che per se stessi impegnati nel doverli seguire negli studi), e in parte contrari perché esposti più facilmente ad un eventuale diffusione del virus.
Sicuramente le reazioni più favorevoli sono state quelle dei bambini, felici di poter riprendere la frequentazione delle lezioni in classe insieme ai propri insegnanti e compagni. I fanciulli da un anno sono costretti a trascorrere molte ore davanti ad un pc, tablet e/o cellulare per poter continuare il loro percorso scolastico, e la difficoltà di seguire a distanza gli insegnanti e non avere un contatto fisico con loro ha creato non pochi problemi. La figura dell’insegnate è quella principalmente di un educatore, soprattutto nei primi anni scolastici ed è stato riscontrato che i bambini in quest’anno hanno perso parte della disciplina appresa (nonostante gli sforzi dei genitori, nonni e chiunque li abbia seguiti a casa). Non riescono a rispettare le regole presi dall’euforia di rivedere amici e insegnanti, uscire e finalmente cambiare ambiente. Un esempio è la piccola Chiara, 5 anni, che già il primo giorno di ritorno a scuola è stata rimproverata dalla maestra perché desiderava cantare, e chiacchierava sempre senza seguire con attenzione la lezione, distraendo anche i suoi compagni, ma la stessa Chiara è quella che guardando il telegiornale con i suoi genitori, alcuni mesi fa, alla vista delle immagini di gente riversata per le strade e alla notizia della nuova zona rossa, ha detto alla sua mamma “Ecco per colpa di questi stupidi che non indossano la mascherina, non possiamo uscire e andare dai nonni”. Ma Chiara è solo uno tra i migliaia di casi di bambini completamente esausti, stremati dalle ore trascorse seduti davanti ad un dispositivo elettronico, lo stesso che fino all’anno scorso gli veniva proibito e/o limitato l’uso.
Lorenzo di 8 anni costretto a giocare a calcio fuori ad un piccolo balcone della sua casa, perché non tutti hanno la possibilità di avere un giardino, un terrazzo, insomma uno spazio adeguato che gli permetta di vivere più liberamente. Oppure Francesca di 7 anni che ancora aspetta di ritornare a scuola ed è triste, perché dovrà attendere ancora dei giorni per poter rivedere maestri e compagni, poiché nella sua scuola ci sono dei lavori in corso e dovranno fare dei turni per ridurre il numero degli alunni in ogni classe in modo da poter rispettare distanziamento e divieto di assembramento.
Ma il lockdown ha causato ben ulteriori danni. La lunga reclusione, il radicale cambiamento del proprio stile di vita, un’alimentazione scorretta (purtroppo conseguenza di tanto tempo trascorso in casa), la mancanza di attività sportiva hanno comportato un forte aumento del fenomeno della pubertà precoce. Secondo lo studio del reparto di endocrinologia condotto all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma la percentuale dei casi tra il 2019 e il 2020 si è più che raddoppiata, si tratta di ragazzi di età al di sotto degli 8 anni. Nel periodo marzo-settembre 2019 i bambini affetti da un anticipo puberale sono stati 93 (87 femmine e 6 maschi), mentre nello stesso arco di tempo nel 2020 i casi riscontrati sono stati ben 224 (215 femmine e 9 maschi). Uno sviluppo precoce comporta accelerazione della crescita in altezza dei bambini, ma di conseguenza un arresto della stessa in età più adulta e di conseguenza risultano più bassi rispetto alla norma. Inoltre, non è da sottovalutare le conseguenze sulla sfera psicologica del bambino, che vivrà uno stato di disagio nei confronti dei suoi coetanei, derivante dal cambiamento del proprio corpo rispetto agli altri.
Pertanto, lo scetticismo dei genitori è comprensibile, ma è ancora più importante dare valore allo stato psico-fisico dei bambini, ed è certo che se noi adulti rispettiamo le regole e limitiamo i nostri comportamenti (uscite non necessarie, obbligo di mascherina, assembramenti, insomma situazioni di possibile contagio) possiamo permettergli di proseguire la loro vita riprendendo più rapidamente la normalità ed evitargli ulteriori sacrifici, più di quanti non ne abbiano fatti finora.