Spesso si parla di ricusazione di un giudice tributario ma non tutti sanno in cosa consista.
È noto che si tratta di un istituto legato al diritto processuale, civile e penale e, in effetti è una dichiarazione con cui una parte chiede la sostituzione di un giudice in un determinato processo, per una situazione prevista dalla Legge.
A differenza dall’astensione, che è un obbligo per i giudici, la ricusazione è una vera e propria facoltà della parte, nei casi in cui il soggetto giudicante non appaia proprio affidabile nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale, poiché viene minacciata la garanzia di imparzialità e terzietà del giudizio. Essa viene applicata anche nel processo tributario ed è prevista dagli art. 52 e seguenti del codice di procedura civile. Il contribuente che abbia impugnato, ad esempio, un avviso di accertamento dei redditi notificato dalla competente Agenzia delle Entrate, può proporre un ricorso – la cosiddetta istanza di ricusazione – per ottenere la sostituzione di una determinata “figura competente” contro cui viene proposto.
Per opinione prevalente non è proponibile una istanza contro l’intero collegio giudicante: la predetta deve essere proposta solo contro una individuata persona fisica, designata nell’esame della controversia di cui trattasi, esclusivamente per i motivi indicati nell’appisota richiesta. La si può proporre anche nei confronti di uno dei giudici che fanno parte del collegio prescelto a decidere sulla predetta aspirazione, proprio per la imparzialità del relativo procedimento.
La parte interessata a chiedere la ricusazione del giudice tributario deve necessariamente presentare un ricorso contenente i motivi specifici che la sostengono, indicando anche i mezzi di prova (esempio di motivo: prova che il suddetto ha interesse nella causa, in base a sommarie informazioni di terzi).
Inoltre, deve essere sottoscritta dalla parte o dal suo difensore e depositata in cancelleria entro determinati termini: nei due giorni prima dell’udienza, se alla parte coinvolta è noto il nome del giudice designato a trattare o decidere la causa; prima dell’inizio della trattazione o discussione, se il nome non è noto. Se tale richiesta non è proposta nelle forme e nei termini predetti, è da considerare inammissibile: infatti, in tal caso (art. 53c.2 cpc), il collegio giudicante, con l’ordinanza con cui la dichiara inammissibile o la rigetta, provvede sulle spese.
Comunque l’aspirazione predetta sospende il procedimento in attesa della decisione, ma l’effetto sospensivo è condizionato ad una preventiva delibazione sull’ammissibilità della stessa, verificate le condizioni di legge. Peraltro deve essere decisa dal medesimo collegio a cui appartiene il ricusato, che deve essere sentito. Sulla questione decide il collegio al quale appartiene il componente della Corte di Giustizia Tributaria coinvolto, senza la sua partecipazione e con l’integrazione di altro membro della stessa Corte designato dal suo Presidente.
Fonte: codice di procedura civile
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