Il 6 novembre 2018, pochi giorni fa, la Pernigotti ha chiuso il proprio stabilimento di Novi Ligure, mettendo fine a una tradizione che dura da 168 anni, da quando, nel 1868 Stefano Pernigotti aprì, nella piazza del Mercato di Novi Ligure (in provincia di Alessandria) una drogheria, da tempo rinomata nella zona per la produzione di un torrone pregiato.

Una vicenda dal sapore “amaro” che colpisce i 200 dipendenti dello stabilimento, dato che la metà rischia di perdere, in maniera definitiva, il proprio posto di lavoro.

Una situazione che torna, drammaticamente e impietosamente, a ripetersi, e che ha visto ditte “nostrane” come Embraco, Melegatti, Beakert, Magneti Marelli, Hag affondare tramite la chiusura dell’azienda e il licenziamento di coloro che, lavorando per loro da anni, finiscono per non riuscire a mandare avanti la propria famiglia.

Da tempo, ormai, assistiamo a situazioni analoghe, con compagnie straniere che acquistano e poi finiscono per licenziare e chiudere, mantenendo tutto il resto per poi iniziare a produrre all’estero, sacrificando i lavoratori e la qualità di ciò che viene prodotto.

Tutto ciò è fin troppo legato al problema della delocalizzazione, che ha inizio con l’acquisizione di marchi storici, lo spostamento all’estero per approvvigionarsi delle materie prime nel luogo dove è situata la fabbrica e si conclude con la chiusura degli stabilimenti già esistenti, senza fare il benché minimo tentativo di riconversione al fine di preservare non solo i posti di lavoro, ma anche dei simboli forti di nomi conosciuti in tutto il mondo.

Lentamente, le aziende che hanno fatto grande l’Italia nel mondo hanno iniziato a snaturarsi, a causa di errate gestioni di chi le ha acquistate, senza pensare a come riportarle in auge per garantirne non solo la sopravvivenza, ma anche la prosperità da parte di chi l’ha acquistata.

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