Le porte di cui rimangono solo testimonianze in targhe, dipinti e stampe
In questo articolo ci occuperemo delle porte di cui ci sono rimaste immagini della loro struttura e composizione in quadri o stampe di vari artisti del XVII° e XVIII°secolo.
Tranne la porta del Carmine che è di origine aragonese, si tratta di porte tutte costruite nel periodo vicereale e che a loro volta sostituivano porte più antiche che erano state abbattute in seguito all’espansione urbanistica della città. Su alcune di queste porte, Capuana, Nolana, (già descritte in un precedente articolo), Carmine, Costantinopoli, Reale e Chiaja , (descritte in questo articolo), nelle edicole votive, aggiunte dopo la fine della peste del 1656, furono eseguiti affreschi sacri da Mattia Preti.
1) Porta del Carmine (1484-1862)
Su questa porta era stato costruito un nicchione in cui il “cavalier calabrese”, negli anni subito successivi alla peste, dipinse San Gennaro e San Gaetano che pregano la Vergine; sullo sfondo una moltitudine di cadaveri falciati dalla peste e trasportati ai cimiteri o abbandonati e dilaniati da animali. La raffigurazione di questo affresco è stato definita la più cruenta e terrificante tra quelle eseguite dall’artista sulle porte cittadine. Sotto l’affresco c’era una lapide che citava: «D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)/B(EATO) CAIETANO CLER(I) REG(ULARIS) FUNDATORI/PUBLICAE SOPITATIS VINDICI/CIVITAS NEAPOLITANA/AD GRATI ANIMI INCITAMENTUM/SIMULACRUM HOC POSUIT DICAVIT/ANNO CHRISTI MDCL VIII.»
La porta fu edificata nel 1484 durante la costruzione della murazione aragonese voluta da Ferdinando D’ Aragona e fu posta nei pressi di una porta più antica denominata “porta nova o porta mercato”; lo testimonia Domenico Antonio Parrino che nella sua guida nuova per Napoli del 1751, nel descrivere la chiesa del Carmine, cita testualmente:”vicino alla chiesa vi sono ancora i segni della porta che fu trasportata più in là e a avanti una piazza fatta ai tempi del conte di Pignoronada”. Esistono testimonianze che una porta era in quel luogo già nel 1300 sullo sbocco del Lavinaio, così chiamato per la massa d’acqua che normalmente invadeva la strada. La nuova porta aragonese fu abbellita con fregi e marmi tipo quelli della vicina Porta Nolana e con un bassorilievo rappresentante il sovrano a cavallo e con una targa “ferdinandus rex nobilissimae patriae”. Anche questa porta è fortificata da due torri come si evince dalla stampa del XIX° secolo mostrata. Le torri erano denominate Fedelissima e Vittoria. Su questa porta fino al al XVIII° secolo venivano appesi i cadaveri dei giustiziati a Piazza Mercato come monito alla popolazione. La porta del Carmine fu abbattuta nel 1862 per allargare la strada e sul muro del castello che era nei pressi (il castello del Carmine anche esso poi abbattuto nel 1906) fu posta una lapide che recitava: “Ferdinando I d’Aragona fabbricò in questo luogo la porta del Carmine nel MDCCCLXXXIV circa quattro secoli dopo la demoliva il comune.”
2) Porta di Costantinopoli (1535 – 1853)
Nel muraglione che univa porta San Gennaro a la chiesa di Santa Maria di Costantinopoli Don Pietro di Toledo in sostituzione dell’antica porta Donnorsa (di cui ci occuperemo in un prossimo articolo) che era stata edificata molto più indietro, alla spalle dell’ attuale piazza Bellini. Anche sulla Porta di Costantinopoli il Mattia Preti aveva dipinto i Santi Gennaro e Gaetano che ricevono l’apparizione dell’Immacolata con il Bambino Gesù in braccio. L’affresco era sulla parte esterna della porta, come descritto da Giuseppe Sigismondo nel 1788; lo scrittore spiegava che già d’allora era molto rovinato e sotto a mala pena si riusciva a leggere una scritta “Virgini concepte primigenia labis immuni segue suosque Partenope”.
La porta fu abbattuta nel 1853 durante i lavori di ammodernamento e allargamento di via Costantinopoli voluti da Ferdinando II di Borbone e affidati all’ing. Gaetano Genovese. Sul muro accanto alla chiesa fu messa una lapide ricordo :
«QUI FU COSTRUITA / LA PORTA DI COSTANTINOPOLI / DA PIETRO DA TOLEDO / NEL XVI SECOLO / POI PER EURITMIA / DEMOLITA NELL’ANNO MDCCCLII» |
Pare però dagli atti del Municipio che l’effettiva demolizione non sia avvenuta nel 1852 come recita la lapide ma bensì l’anno successivo. La targa è andata irrimediabilmente persa durante i lavori per la costruzione della galleria Principe Umberto che iniziati nel 1870 fra interruzioni e sospensioni finirono il 1883.
3) Porta Medina. (1640-1873)
Anticamente era conosciuta come porta pertugio e prese il nome dal vicerè che la fece costruire, Duca di Medina de la Torres.
“Fu in questo luogo Porta Medina Costruita dal vicerè di quel nome nell’anno MDCXL Distrutta per pubblica utilità nell’anno MDCCCLXXIII”
Testo, dettato da Giulio Minervini, della lapida apposta su di un palazzo dI Montesanto a ricordo della porta.
La porta sorgeva nei pressi di piazza Montesanto e fu aperta nel 1597 in maniera del tutto abusiva durante il viceregno del conte Olivares Enrique de Guzmán, semplicemente realizzando un “pertuso” nel muro, in modo da consentirne il passaggio agli abitanti delle zone circostanti. Solo dopo cinquant’anni, nel 1640, durante il regno di Filippo IV, la porta fu edificata ma nonostante ciò, il popolo continuò a chiamarla porta Pertuso. Furono incaricati della costruzione della porta due valenti protagonisti del Barocco Napoletano,l’architetto Cosimo Fanzago e l’ingegnere Bartolomeo Picchiatti. La porta subì numerosi danni durante la repubblica napoletana del 1799. Fu demolita nel 1873 per trasformare la zona in un’area, come ancora oggi è , dedicata al mercato cittadino. Lo stemma reale, che si trovava in cima alla porta insieme a quelli vicereali e della città, durante gli scontri fra Sanfedisti e repubblicani furono seriamente danneggiati assieme a tutte le strutture ornamentali in marmo della porta.
Dopo il definitivo abbattimento della porta, gli stemmi e l’epigrafe furono prima restaurati e poi conservati prima al Museo archeologico e poi dal 1889 al Museo di San Martino. Il busto di San Gaetano Thiene e l’iscrizione che ne ricordava l’opera salvifica sulla città dalla peste del 1656 , posti sul lato posteriore della porta, furono conservati nella sacrestia della chiesa di Santa Maria delle Grazie in Montesanto che era proprio nei pressi della porta.
4) Porta dello Spirito Santo (1602-1775)
Sulla Porta dello Spirito Santo, detta anche Porta Reale, il Preti affrescò la Beata Vergine con San Gennaro e altri Santi che chiedono misericordia al Signore mentre un Angelo ripone la spada nel fodero. Sulla porta vi era una statua in bronzo rappresentante San Gaetano che successivamente all’ abbattimento della porta fu trasferita su Port’ Alba.
Nei pressi del sito ove sorgeva la porta furono poste due lapidi. La prima, che ne ricorda la costruzione, cita: “Pietro Toledo villae Franchae Marchioni….etc etc” Trad: “Pietro Toledo Marchese di Villafranca, vicerè dell’ imperatore Carlo V di questa illustre città ampliatore delle mura, trasferita qua Porta Reale dalla regione del Nilo, spostata più tardi a Porta Donnorso, Costruita via Toledo, da qui alla vista del mare,Restituita la grotta Puteolana ad un aspetto più decoroso,Costruita l’aula per i Vicerè e il pretorio per i magistrati per la tutela dei cittadini sulla somma vetta del colle,trascorse 22 anni nella vicereggenza. Ad Antonio Toledo duca D’Alba vicerè del re Filippo IV emulo delle virtù del grande zio paterno, gli edili, memori di si grandi sacrifici posero anno 1628
Una seconda che ne ricorda l’abbattimento cita: “Ferdinando IV rege optimo ac provvidentissimo partam regalem…….etc.etc.” Trad. “Sotto Ferdinando IV, re ottimo e provvidentissimo, i sette uomini proposti alle mura e gli acquedotti stabilirono di abbattere la Porta Reale, angusta e quasi inopportuna per gli ampliati spazi della città che allora toglieva la vista della via Toledo, e acquistati e rasi al suolo gli edifici vicini per rendere più ampia la via . Anno 1775”
Per la costruzione della nuova porta detta anche dello Spirito Santo, dalla denominazione di una chiesa che era in quei pressi, furono usati alcuni ruderi della vecchia porta reale come confermato dal Florio che scrive :” gli ornamenti di statue e marmi che stavano situati nella facciata dell’antica porta Reale” La nuova porta reale era larga 16 palmi e era architettonicamente simile a quella di San Gennaro.
5) Porta di Chiaia (1563-1782)
La porta fu eretta dopo l’abbattimento di Porta Santo Spirito (da non confondersi con quella dello Spirito Santo) questa era nei pressi d Santo Spirito di palazzo (nei pressi degli attuali giardini di palazzo reale) che a sua volta aveva sostituito l’ancora più antica Porta Petruccia nei pressi di Santa Maria La Nova. Il vicerè Parafan De Ribera Duca di Alcalà nel 1563 volendo includere nelle mura Santa Lucia, il Chiatamone e Santa Maria a cappella (l’attuale piazza dei Martiri) avanzò la murazione e fece erigere la porta di Chiaia (dove oggi è l’incrocio di via Chiaia con via Filangieri) a ridosso del palazzo Cellammare (come si evince da quadro di Gaspar Van Wittel); questa è confermata da Fabio Colonna di Stigliano ne “la strada di Chiaia in Napoli nobilissima” dove ci racconta che la porta fu costruita dopo la distruzione della porta Petruccia nei pressi del Palazzo di Sant’Arpino e Ottaiano; era nei pressi del palazzo del Principe di Stigliano divenuto poi di Cellammare. La porta fu impropriamente detta “porta romana”. Nel 1608 la porta fu completamente rifatta dal vicerè conte di Benevente Juan Alfonso Pimentel de Herrera e ulteriormente abbellita con marmi e stemmi reali dallo scultore Girolamo D’Auria ,
Rifacimento del XVII secolo
Diventò una delle migliori e più eleganti porte fra quante ne fossero in città. Subì dei danneggiamenti durante la rivolta di Masaniello nel 1647 come risulta dal verbale di abbattimento del 1782. La porta era costruita in grandi blocchi di piperno, la facciata principale volgeva a sud ed era ricca di ornamenti marmorei, mensole e cornicioni; anche su questa era presente l’affresco votivo eseguito dal Mattia Preti. In cima alla facciata esterna era situata una statua di San Michele Arcangelo. Sulla facciata interna vi era quella di San Gaetano Thiene. Secondo il Parrino la denominazione esatta della porta era “Pimentella” dal nome del vicerè che l’aveva edificata ma per il popolo è stata sempre la porta di Chiaia. Durante il regno di Ferdinando IV di Borbone si giunse all’abbattimento della porta poiché la città si era molto sviluppata verso la riviera di Chiaia ed essa aveva perso la sua funzione difensiva. Due architetti del tempo, Pasquale De Simone e Gaetano Barba, consigliarono di restaurarla come testimonianza storica della città.
L’intervento di Carlo Vanvitelli
Invece gli architetti Luigi e Carlo Vanvitelli con l’ing. Nicola Schioppa convinsero “Il tribunale di fortificazione” dell’ inutile ingombro per la mobilità cittadina per cui con dispaccio reale ne fu decretata la la demolizione. Qualche anno dopo, nel 1784, liberatosi il suolo dove sorgeva la porta, lo stesso Vanvitelli vi edificò un palazzo nobiliare che fu detto d’Ottaiano e successivamente denominato Miranda dalla nobile famiglia che l’acquistò. (Speculazioni edilizie di altri tempi). A ricordo della porta sul palazzo nobiliare fu posta una targa.
L’epigrafe della targa sul palazzo Miranda cita :
“FERDINANDUS IV PIUS FELIX AGUS PORTAM MAJORIBUS NOSTRIS ROMANAM DICTATUM NE SAXA IN EIUS FORNICE MINUS APTE FERRUMINATA CERVICIBUS COMMEANTIUM ULTRA MINITARENTUR AC PERTERREFACERENT SIMILIQUO LATIOR UT ADITUS PATERET AD HANC ORAM OLLYMPIAM SOLO AEQUARI IUSSIT QUOD PROVVIDENTISSUMUM REGI NOSTRI MANDATUM VII VIRI ANNI CICDCCLXXXII MUR:AQU. VIIS CURANDIS EXECUTI SUNT.”
Della Porta non sono riuscito a trovare altre immagini se non, in un particolare di un quadro Gaspar Van Wittel dove la si intravede nei pressi del Palazzo Cellamare.
Articoli precedenti:
Parte prima: Le porte tuttora esistenti
Segue articolo parte terza articolo :
Le porte meridionali che vanno verso il mare e il porto.
Parte Quarta: