I sensori che Autostrade aveva montato sul ponte Morandi, dal 2015, non funzionavano più perché erano stati tranciati da lavori sulla carreggiata, per poi non essere sostituiti nonostante il Cesi e il Politecnico di Milano ne avessero consigliato, in più occasioni, l’installazione.
Tale, scioccante verità emerge dal documento “di programmazione del rischio”, che si è scoperto compilato con dati non aggiornati che hanno portato i progetti di retrofitting – lavori di rinforzo delle pile 9 e 10 – alla data di ottobre 2018, invece che in tempi che avrebbero impedito il crollo del viadotto e la morte di 43 persone.
Dalle deduzioni della procura, il documento veniva regolarmente compilato unicamente con prove riflettometriche e senza altri diversi sistemi di monitoraggio, che si sono dimostrati insufficienti a comprendere quali fossero le reali condizioni del Morandi.