Di recente, ha fatto scalpore uno studio del Barrow Neurological Institute, che collega il morbo di Parkinson alle tossine ambientali, che sarebbero in gradi di innescare infiammazioni, danni mitocondriali e stress ossidativo anche a distanza di decenni dopo un’esposizione. Se confermato, si dimostrerebbe come l’incidenza della malattia possa essere parallela all’industrializzazione e alla vulnerabilità delle cellule dopaminergiche a tali fattori, associandoli allo sviluppo di tale malattia. In particolare, anche l’esposizione ai pesticidi – Paraquat, Rotenone e Glifosato – sono solo alcune delle sostanze identificate – grazie agli studi epidemiologici – come “potenziali cause” che aumentano il “Rischio Parkinson”. Ciò avverrebbe tramite la compromissione dell’integrità della barriera intestinale, con infiammazioni di natura sistemica, traducendosi in una neurodegenerazione. Un altro “meccanismo neurotossico” riguarderebbe la produzione di radicali liberi, in grado di causare danni cellulari diretti, finendo per influenzare il disfacimento delle proteine danneggiate o degradate. Ma anche l’inquinamento atmosferico è da imputare tra le cause, in quanto il particolato fine risulta in grado di penetrare nella barriera emato-encefalica, generando una risposta immunitaria rintracciabile nei livelli di citochine nel sangue e nel liquido cerebrospinale; infatti, provocherebbero un rigonfiamento dei tessuti, fino ad arrivare alla morte delle cellule e a danni di natura vascolare.