I Problemi legati all’immigrazione.
Un tema scottante, ritornato in auge per via dei “problemi” legati ai clandestini sbarcati nel corso degli anni, e di cui si parla solo in maniera negativa, con i media che puntano l’attenzione sui furti, gli omicidi e lo spaccio di droghe provocati dai “criminali” giunti insieme a tante persone che poi, con il sudore della fronte e la forza delle proprie braccia, sono riuscite a costruirsi un’esistenza “dignitosa”.
Perché non si parla mai di loro, invece di soffermarsi unicamente su chi viola la legge?
Perché si parla solo di espellere non solo chi si macchia di colpe, ma anche chi non ha commesso nessuna azione illegale, nella cieca convinzione che solo cacciare possa essere la sola soluzione a un tale problema?
Troppo spesso si tende a dimenticare, o ad attuare una rimozione completa del fatto che per cento anni noi italiani siamo stati costretti ad andare all’estero in cerca di lavoro, ed ancora oggi lo facciamo, venendo pure mandati via se, in maniera volontaria o meno, violiamo una qualche legge. E’ trattando questo tipo di tematiche che, nel 1973, il regista Franco Brusati realizzò il film Pane e Cioccolata, narrando le disavventure con matrice pirandelliana del cameriere italiano Giovanni Garofoli, interpretato in maniera magistrale da Nino Manfredi che, dopo aver perso il lavoro in un rinomato ristorante e il permesso di soggiorno a causa di un’ effrazione, si ritrova a vivere come clandestino in Svizzera.
In poco tempo, la sua situazione finisce solo per peggiorare quando, riuscito a trovare un nuovo possibile impiego, perde i risparmi costati umiliazioni e fatica per via del suo datore di lavoro, un connazionale fuggito dall’Italia per reati fiscali. Dopo aver vissuto con un gruppo di clandestini italiani in un pollaio, ed essersi finto svizzero senza alcun successo, Giovanni è accompagnato dai poliziotti elvetici a prendere il treno che lo riporterà in Italia ma, disgustato dal comportamento di altri irregolari come lui, capaci solo di abbattersi e di consolarsi con il canto, decide di scendere a pochi chilometri dal confine, e di non chinare più la testa, ma di combattere per la propria dignità di uomo.