Sito nella zona maggiormente in altitudine di Procida, con una vista mozzafiato sulla marina di Corricella, è sede dell’ex penitenziario noto come Palazzo D’Avalos, oggi riconosciuto come un importante polo turistico per i visitatori che provengono dall’estero, in quanto al suo interno vi è un’atmosfera particolarmente suggestiva e fuori dal tempo.

Originariamente costruito nel 1560 dal cardinale Innico D’Avalos, che era feudatario dell’isola di Procida, la struttura fu inserita nel progetto di completo rifacimento del borgo antico di Terra Murata, il cui nome deriva dalle mura difensive, innalzate inizialmente allo scopo di proteggere la popolazione dagli attacchi provenienti dal mare e, con un fine molto simile gli architetti Benvenuto Tortelli e Gianbattista Cavagna costruirono Palazzo D’Avalos, utilizzando tufo e piperno, che erano materiali facilmente reperibile sull’isola.

In principio, la tenuta era un meraviglioso esempio di residenza rinascimentale, in quanto i Borbone scelsero di insediarvisi nel 1734, diventando un sito allodiale della corona, dato che Carlo e Ferdinando di Borbone lo utilizzavano per la caccia al fagiano e al coniglio. Fu con i moti del 1799 della Repubblica Partenopea che la fortezza procidana fu convertita prima in una scuola militare e poi in bagno penale a partire dal 1830. Fu per tale utilizzo che il palazzo fu sottoposto a molte modifiche per riuscire ad adattare gli spazi esistenti alle loro nuove funzioni, con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica, il posizionamento di grate a porte e finestre, un ridimensionamento dei grandi saloni per creare celle e aree comuni, allo scopo di rinchiudervi detenuti politici, gerarchi fascisti e criminali di ogni genere.

Nel corso degli anni ci sono stati diversi cambiamenti ed ingrandimenti, come un nuovo complesso allo scopo di ospitare celle più piccole ed attrezzate, insieme ad altri spazi funzionali per le famiglie delle guardie, un ospedale e gli opifici, oltre a mettere a coltura il tenimento agricolo, facendovi lavorare i detenuti stessi. La sua “funzione carceraria” ha avuto fine intorno agli anni ’70 del 1900, venendo usato come deposito per il materiale degli opifici, per poi venire chiuso nel 1988 e abbandonato per quasi tre decenni, in attesa di una concreta opera di riqualificazione che possa riportarlo in qualche modo “agli antichi splendori”.

FONTEgrandenapoli.it
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