Oggi è venerdì 17 e per molte persone, in Italia e altri paesi di origine greco-latina, è ritenuto un giorno sfortunato.
Per di più, questo venerdì 17 capita nel 2020, anno bisestile e, come dice il proverbio, anno bisesto anno funesto!
Esistono diversi pregiudizi legati a questo giorno, legati soprattutto alla cultura popolare e alla superstizione.
Di venerdì 17, molti superstiziosi non escono nemmeno di casa, ma in quarantena, ahimè, questo non è un problema.
In particolare, il venerdì 17 è un giorno considerato sfortunato, in quanto unione di due elementi negativi: il Venerdì Santo – giorno della morte di Gesù – ed il numero 17 che, per Pitagora e i suoi seguaci, si trova tra due numeri perfetti, il 16 e il 18, che rispecchiano l’armonia del quadrilateri 4×4 e 3×6.
Di converso, però, la Cabbala ebraica considera positivo il venerdì 17 perché è la somma di tre lettere dell’alfabeto ebraico che compongono la parola bene.
Nell’Antica Roma sulle tombe era usanza scrivere “VIXI”, che significa “ho vissuto”, “sono morto”, ma nel Medioevo, a causa del diffuso analfabetismo, questa iscrizione veniva confusa con il numero 17 che, invece, in numeri romani, si scrive XVII.
I romani aumentarono la propria avversione verso questo numero dopo che, nel 9 d.C., la diciassettesima legione venne sterminata a Teutoburgo.
Nel mondo religioso, invece, nell’Antico Testamento si narra che la data di inizio del diluvio universale sia proprio il 17 del secondo mese e che, secondo la Bibbia, il 17 sia lo stesso giorno in cui è morto Gesù.
La smorfia napoletana, infine, associa al numero 17 la sfortuna, definita come ‘a disgrazzia. Fatte queste premesse, non posso non essere d’accordo con il grande Eduardo De Filippo, il quale sosteneva che “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.”