Napoli si compone di caratteristiche, ascrivibili nella visione antropologica popolare, che la pongono tra le città Mediterranee (e non solo) ricca e impregnata di simbolismi che plasmano la stessa visione che si ha di essa. Questi elementi sono generati dalla storia che, evolvendosi sulla città e nella città, autogenerate o importate ed accettate, la rendono un unicum tutt’ora.
Napoli quindi è: sacra, si intende una città che pone le basi della sua vita sociale economico e culturale, storica e politica, filosofica e religiosa sulla figura di una terra scelta dagli dei o protetta dai santi (basta accennare alla sua fondazione o ai suoi 53 patroni); profana, essa pone le basi di un colloquio continuo tra il popolo e la semplicità di interpretare usando simboli, riti e pratiche pagane e unirle in quelle religiose cattoliche, ed ancora quelle pastorali contadine con quelle cittadine, ed infine, quelle esoteriche-magico con quelle religiose e filosofiche; esoterica, si intende la visione dell’assenza di significato, in cui il popolo spiega con la propria conoscenza nella sua complessa semplicità, perché avviene una determinata azione, evento o avvenimento, adducendo a ciò che è stato insegnato, inculcato o recepito dal mondo esterno come scienza che a sua volta diviene osmosi con materie filosofiche, magico-religiose, sacre e pagane con un paradigma di profano; cosmopolita e poliglotta, per le tante culture che si sono avvicendate nella sua storia di città mediterranea, di capitale di un Regno e di luogo strategico politico-commerciale, essa diviene una delle culle delle lingue e delle pratiche etnolinguistiche tanto da creare la base di un dialetto, oggi considerate ufficialmente lingua da proteggere dall’Unesco; ed infine, FEMMINA, sia per tradizione di origini e creazione, per nascita, per etimologia, sia per la scelta di affidarsi da subito a figure e divinità quali dee e sante, supporto ulteriore con la figura mariana, infine per la morfologia del territorio tra ventri, colline e antri.
Altra simbologia fondamentale è la fondazione con doppio nome o rito o divinità per una città. Questo è avvenuto per quasi tutte le città pre-micenee, soprattutto lungo il Mediterraneo, non solo di fondare una città con caratteristiche strategico-politico ed economico ma nel vivo della fondazione legata a un culto, ad un uso, ad un rito.
Addirittura venivano dati due nomi (di cui uno o era quello della divinità o doveva rimanere segreto), da sempre la città, vive questo culto silente: Palepolis e Neapolis, Partenope e Napoli, la Città del Sole e Urbe Sanguinum.
Non a caso, quasi come un rafforzativo, la città nasce da una figura fondatrice, per Napoli una divinità femminile. La quale per lo più è protettrice e o dona un elemento protettore o fertile.
Nel caso partenopeo la leggenda vuole che la fondazione sia dovuta a Partenope, leggenda nata da un amore non corrisposto, che però si pone al popolo come una figura doppia. Una signum che dà vita e toglie la vita, metà donna e metà mostro, un’immensa generatrice e allo stesso tempo grande sterminatrice.
La stessa raffigurazione della Sirena dopo la classica arpia uccello con testa di donna, viene rappresentata con un corpo da donna che continua con quello di un pesce con due pinne. Paragonabile con una bilancia, una doppia immagine mistica protettrice (avvocata) e giudicante.
La stessa città urbanisticamente si formerà infatti sulle sponde dell’isola di Megaris e il Monte Echia e poco dopo nel cosiddetto ‘ventre’ citando Matilde Serao, l’attuale centro antico.
Questa figura di donna che celebra la vita, offrendosi liberamente, donando il proprio corpo e che depone un uovo ricco d’amore, diviene generatrice. Essa sorregge la città, da essa nasce la civiltà e la nutre, dalla sua stessa morte (che in questo modo viene esorcizzata) nasce d’amore (amors – mors un ciclo perfetto) e dona un oggetto, l’uovo simbolo di perfezione e cosmico=fecondazione e fertilità) protegge i figli di Partenope.
Ma la donna nel simbolismo popolare in quanto religioso pagano sacro profano esoterico accompagnerà i napoletani continuamente nel loro percorso di evoluzione sociale e antropologico.
Fin da subito una delle figure più vicine al popolo napoletano sarà la madre terra con i suoi frutti. Demetra, dea delle messi diviene protettrice delle terre e delle case. Conservata tra i Lari protettori e o agli ingressi delle case, essa protegge, la famiglia quindi del focolare. Rappresentata d una bella donna, che abbraccia la protezione del luogo natio come una dea madre che accoglie dona, si presenta sul territorio napoletano con statuette, effigi, immagini, affreschi, epigrafi, sculture e bassorilievi, nonché il suo Tempio nel pieno centro antico, nell’Agorà.
Una donna con i capelli raccolti ma ricci o mossi, con tra le mani una cornucopia da cui escono papaveri (morte) e spighe di grano (vita). Nell’altra lo scettro, lungo come un bastone con una pigna e ai piedi un rettile. In altre raffigurazione ci appare con dei raggi che in verità sono spighe di grano che fungono come tali. Solo l’etimologia del nome non è altro che la variazione di Dea Madre (=Dá-Mater), nonché il fatto che sia stata ritenuta da sempre una divinità che governava una società matriarcale e pacifista, per quanto di derivazione greca, che era una società estremamente maschilista. Probabilmente è un’evoluzione delle figure delle dee madri della Preistoria e dell’Archeologia.
Altri attributi di Demetra erano quelli di protettrice della sacralità, del matrimonio e del ciclo della vita, della morte che ben si sposa, da subito, con la figura della Sirena Partenope. Probabilmente il più interessante tra i suoi poteri è il Thesmophoros “portatrice dell’ordine divino”. Brevemente, col solo intento di illustrare l’importanza della dea nel pantheon greco, le si attribuivano che era Potnia, ovvero “Padrona” nell’Inno Omerico a lei dedicato, Despoina “Signora della casa”, Chloe “Il verde germoglio” per i suoi attributi di fertilità ed eterna giovinezza, Anesidora “Colei che spinge in su i doni dal suolo”, Malophoros “Portatrice di mele” (o forse di greggi), Kidaria nei misteri di Pheneos in Arcadia, Chtonia “Che si trova nel suolo”, e finalmente Thermasia “La Calorosa”. E sicuramente possiamo porli come gli elementi chiave della interpretazione delle figure primordiali della Dea Madre o Fertilità. Per non dimenticare l’importanza dei Misteri Eleusini in cui però la figura si unisce insieme a quella della figlia Persefone, che quando le fu rapita scatenò la sua ira sul popolo e sulle amiche che non l’avevano vegliata trasformandole in Sirene (uccello). E qui molti autori si rifanno al frammento di Pausania 8.25.5-6.
Quando arrivano e si impongono i primi movimenti religiosi monoteisti ferventi del cristianesimo, nel cittadino partenopeo nasce l’esigenza di trasformare o nascondere questa figura protettrice. Nasce il simbolismo popolare demo contadino (per quanto cittadino). Il che include le leggi non scritte che sono alla base della civiltà e della civiltà contadina.
Così il culto popolare ancora di più quando la Chiesa Cattolica incomincia a riutilizzare simbolismi a trasformarli dà al popolo il potere di salvaguardare la Madre, Demetra o Cerere (per i romani) in una presenza che protegge la casa. Nasce la Bella ‘mbriana, colei che viene rappresentata come una donna opulenta o dalle morbide forme, pacchiana come si usava dire, che veste di grano o tra i capelli o in una cesta, e che appare tramutata in una figura di un animale: il geco o la lucertola. Animale tanto caro a Demetra.
Essa protegge la casa, il Focolare, la famiglia dando beneficio e protezione e il popolo risponde con il rispetto del luogo attraverso il saluto.
La bella Meridiana, secondo alcuni storici, che è quella luce che scende sulla terra nel momento in cui è chiara, ti accarezza, ti dà calore ma non è violenta, non brucia. Ecco questa è l’idea di una donna che protegge con un Aurea Positiva ed ecco perché i napoletani non offendono la casa come suo luogo sacro.
Per quanto consapevoli che Demetra è una figura che possa come era già successo punire il popolo senza dare frutti, probabilmente l’introduzione della figura Mariana produce nel popolo l’idea stessa che la Bella ‘mbriana alias Demetra Cerere non possa essere colei che punisce i figli. Quindi viene letta nella figura di Diana, dea della caccia e della Luna, Vergine per eccellenza già nota come una figura forte, decisa, aggressiva. Colei che punisce l’uomo che va ad intaccare la verginità, la purezza, la castità, il ventre della donna.
Anche essa dius ovvero della luce nasce come simbolo puro ma viene riletta come una luce filtrata dalle fronde degli alberi, nelle radure boschive e quindi un po’ più cupa, più torba poi successivamente diventerà quella della luna.
Essa si pone diversa dalla sorella di Zeus (padre di Diana), Demetra e se la vergine è una cacciatrice, non può proteggere la famiglia perché è simbolo di verginità. La mezzaluna sta ad indicare anche questo. È cacciatrice quindi vive di ciò che la terra gli dà ma attraverso le figure animali a differenza della terra stessa con Demetra.
Le sue Ancelle devono essere celibi, esse vengono aggredite verranno punite con il peccatore uomo. Quindi la sacerdotessa di Diana, la dianara, diviene protettrice della luna quindi ianua. Ovvero, porta apertura e quindi janara.
Queste due figure femminili restano tuttora elemento impregnato della tradizione popolare napoletana insieme alla figura Mariana, che acquisisce gli stessi simboli popolari, così le sue sante Candida, Restituta, Patrizia, Lucia, Irene.
Che sia essa la Madre Terra intesa come colei che fa nascere il popolo napoletano e quindi la Sirena Partenope, che sia la figura di colei che protegge la casa nella visione sacra di Demetra, a quella popolare della Bella ‘mbriana, a quella della Madonna protettrice di tutti e di tutto, il popolo napoletano accoglie nel suo cuore colei: che dà vita, che punisce, che protegge, accaparrandosi un eventuale salvezza in un aldilà.