Ieri, 14 dicembre 2018, l’autore dell’attacco al mercato di Natale a Strasburgo, costato la vita a 4 persone (tra cui un nostro connazionale, che collaborava con la web radio Europhonica, e di cui è prevista l’autopsia nei prossimi giorni) è morto in uno scontro a fuoco con la polizia, dopo 48 ore di una serrata caccia all’uomo che ha tenuto il paese con il fiato sospeso.
Il killer, legato all’ISIS (ma tale pista è ancora in fase di indagine, dato che già in passato tale gruppo terroristico ha rivendicato attentati commessi da singoli individui, per poi scoprire che ciò non era vero) aveva precedenti penali per una truffa attuata in Germania nel 2016, ed era stato condannato a 2 anni e 3 mesi parzialmente scontati in prigione, dove si era “indottrinato” grazie ad elementi collegati all’estremismo islamico.
Le periodiche azioni di “lupi solitari”, come avvenuto a Strasburgo, rivela l’inadeguatezza nel tentare di arginare tali “morti insensate”, soprattutto nelle carceri, ormai un terreno fertile per la radicalizzazione (a causa di un ambiente ostile che spinge le persone a relazionarsi con i detenuti più compatibili in termini di lingua, cultura o religione, portando al proselitismo se intervengono elementi che destabilizzano l’identità del detenuto).
Il fatto che a causare tali attentati siano discendenti di immigrati, delusi dalle scarse opportunità e alle prese con problemi come emarginazione e disoccupazione, misto al sentimento di non appartenenza e di alienazione dalla società dovrebbe portare a comprendere che è necessario, per evitare altro sangue innocente, attuare delle riforme allo scopo di migliorare le condizioni di vita dei musulmani che, volenti o no, finiscono dietro le sbarre.
Solo collaborando con chi tenta di arginare l’utilizzo della religione islamica nella sua accezione più “negativa” (generata dal senso di alienazione e da altri fattori alimentati dall’ingresso in un istituto penitenziario) usandola invece come un sistema educativo che può essere accettato dagli stessi, si potrà evitare lo scorrere di altro sangue innocente.