Molto tempo fa, in un paesino della Penisola Sorrentina di nome Meta, viveva un giovane e simpatico pescatore di nome Franco – soprannominato dai paesani “Ciccio” – a cui piaceva cantare, di mattino presto, quando usciva sulla sua barca di mogano rientrando di sera dopo averla portata a riva. Una mattina, mentre si recava alla spiaggia di Alimuri, non riuscì a trovarla e dovette camminare per quasi duecento metri per recuperarla – operazione che dovette ripetere per i tre giorni successivi – e, stanco del “presunto pessimo scherzo” decise di nascondersi una notte, per cogliere di sorpresa i burloni.
Invece, scoprì che era opera di sette donne vestite di bianco – dette janare – dai capelli arruffati e brutte come la morte, che intonavano una cantilena antica, che smisero di recitare quando si accorsero di lui, per poi pestarlo a colpi di remi, lasciandolo mezzo morto e portando via la barca volando. Ritrovato da un amico e deriso per il suo racconto, si guadagnò il suo soprannome “Ciccio ‘o stuorto” solo dopo aver mostrato un ramoscello di palma, associato alle streghe.