I nostri amici a quattro zampe non ci tradiscono mai, e tra questi vi è un cane straordinario dal carattere docile, ma che sa essere protettivo sempre e per i suoi cari. Di lui ti puoi sempre fidare, e nel tempo ne è diventato anche un simbolo per i partenopei: il Mastino Napoletano.
Esso appartiene alla razza canina molossoide rustica, diffusa nelle campagne delle regioni meridionali italiane, e discende direttamente dai grossi molossi assiro-babilonesi, diffusi grazie ai conquistatori Romani. Testimonianza della sua antica esistenza è un ‘bassorilievo assiro’ del IX secolo a.C. (oggi al British Museum di Londra). Secondo alcuni storici i Romani in Britannia, videro l’uso dei cani da guerra, ovvero “canis pugnax”, molossoidi inglesi come gli attuali Mastiff e Bulldog. Quando furono importati in Italia, vennero usati nei circhi contro uomini e animali. Nelle loro conquiste i romani portandoseli con loro nelle varie regioni europee crearono con gli incroci naturali una serie di razze, oggi presenti ancora. In verità erano usati non in battaglia ma per la guardia a postazioni militari o per snidare i ribelli.
Nel De re rustica, del I secolo d.C, Columella descrisse due tipologie di cane, adatte rispettivamente alla guardia del gregge e l’altro per la guardia dei cortili e della proprietà. Nel primo caso scrive di un cane bianco, probabilmente fa riferimento al pastore abruzzese, mentre nel secondo caso, appunto il molosso romano (mastino napoletano). Leale e forte, ma di indole buona, il mastino soffre il freddo, per cui deve dormire in ambiente riscaldato nei mesi invernali (ecco che non va bene per il gregge).
Se nei secoli successivi lo troviamo al fianco di mandriani, carrettieri, cacciatori e anche briganti, nel pieno periodo Borbonico fu utilizzato come cane da guardia, elevandolo al rango di “Cane ‘e presa”. Insieme vi era il Cane corso, quest’ultimo cane definito “cugino” al mastino, fu usato dai briganti durante le rivolte contro l’esercito sabaudo e per fare la guardia nei rifugi, non a caso ha una potenza mascellare di circa 80 kg. Dopo la disfatta di Gaeta, il mastino puro si estinse quasi del tutto rimanendone solo pochi esemplari che diedero vita al mastino da masseria. Allevato principalmente nelle campagne napoletane e avellinesi, Piero Scanziani con la cinofilia ufficiale riscoprì il mastino in una versione comunque più “pesante” rispetto a quella antica, e dal quale scaturì l’attuale nome di “mastino napoletano”. Questo nuovo capostipite della razza si chiamava ‘Guaglione’, che dopo una serie di allevamenti portò all’odierno Mastino.
Data la sua forte storicità, il mastino napoletano rappresenta un vero e proprio “monumento vivente” della moderna cinofilia. Ma al Mastino Napoletano viene sempre dato un nome ricorrente: Masaniello o Pacchianella. Nel primo caso addirittura viene utilizzato nel libro di Nicola Imbimbo, in due episodi, ne ‘Il Cane del Carrettiere’, col nome del famoso rivoluzionario.
Indubbio per la razza maschile che il nome possa richiamare la forza e la lealtà del noto personaggio storico che perse la vita per il popolo napoletano, per difenderli attraverso le sue gesta e la sua ‘voce’. Così come sappiamo per anni erroneamente Tommaso d’Aniello da Amalfi viene descritto come un brigante, e sicuramente nel pieno periodo Borbonico e di brigantaggio fu fonte di ispirazione (come si legge in alcuni racconti) tanto da darne il nome alle razze che come sopra scritto venivano utilizzate in quel periodo di subbugli, rivoluzioni e rivendicazioni politico-popolari.
Nel caso della razza femmina, Pacchianella, richiama sicuramente la donna popolare che veste il tipico ‘costume’ del suo paese, che tendenzialmente tanto al sud quanto al nord è composto da drappi di stoffe pesanti, tra gonna, sottovesti, grembiuli e copricapi. Piene di strati, pieghe e ricami, tra frangi e panni. Ovviamente queste popolane riprendono anche la terminologia di pacchiana, quale donna semplice e grossolana, ma materna. Egli ultimi anni l’accezione negativa per indicare ‘volgare’, in verità si dovrebbe ovviare in ‘non cittadina, mal educata’.
Questa forte concezione di benessere e dal corpo robusto, che protegge, è stata nel tempo usato per indicare appunto il femminino non perfettamente in linea con le mode della Bella Epoque. In cui una donna si armava di belletti e corpetti che stringevano le forme ed aggraziavano a seconda del gusto.
Quindi, il mastino napoletano maschio Masaniello diviene protettore del Regno di Napoli e della propria tenuta, così Pacchianella è protettiva e generatrice, colei che infonde sicurezza e bontà. Al pari di coloro che nel primo brigantaggio dell’eroismo borbonico e in quello della donna popolare contadina-paesana così questo esemplare di cane ha reso alla nostra storia un servigio di ardimento che indosseranno le sue generazioni prossime.