Germania XV secolo. A Bedburg, nei pressi di Colonia, una bestia famelica si aggira per i boschi mietendo vittime tra le fasce più deboli della popolazione.
È un giorno qualunque di ottobre del 1564 e una ragazzina di 12 anni si allontana dal gruppo di amici per curiosare nella boscaglia, ma in un attimo viene afferrata, morsa al collo e dissanguata. Il mostro con ferocia inaudita si accanisce sulla piccola, sventrandola ed asportandole il cuore. L’indomani, il ritrovamento del corpo mette in allarme l’intero paese e tutti sospettano si tratti di un lupo assetato di sangue ed affamato di carne umana.
Fu questa la vittima numero uno di Peter Stubbe, uno dei primi serial killer della storia, che dal 1564 al 1589 mieté 16 morti, tra cui donne incinte e bambini, compreso suo figlio.
L’anno seguente alla prima uccisione, prese moglie, per così dire. Rapì una ragazzina di nome Katherine Trompin, sicuramente con l’idea di divorarne le giovani carni, ma la bellezza dell’adolescente lo rapì a tal punto da decidere di risparmiarla, per farne la sua compagna, dalla quale ebbe anche dei figli. Negli anni seguenti Katherine e sua figlia Bell, furono le testimoni, ma probabilmente anche le complici, di delitti abominevoli, in quanto spesso, il licantropo conduceva le sue vittime a casa per poi farle a pezzi e divorarle.
Non risparmiò nessuno. Era il 1570 ed una giovane in dolce attesa camminava nei pressi di un sentiero che portava in mezzo al bosco, quando l’uomo lupo l’afferrò per il collo e la morse uccidendola; poi le prese il feto e lo portò a casa per banchettare con i suoi familiari. Ma Stubbe non si limitò agli esseri umani, perché anche gli animali gli erano graditi, tanto da far spesso visita di notte negli ovili dove erano rinchiusi pecore e capre, sventrando il bestiame e mangiandolo direttamente sul posto. Tali uccisioni depistarono le forze dell’ordine, che pensando si trattasse di un lupo, mai le collegarono con quelle dei ragazzi. Ma la follia di quest’ ”uomo” non conobbe limiti, ed una sera, condotto il figlio nel bosco, con un’ascia gli spaccò il cranio in due per mangiarne il cervello, lasciando sul posto il cadavere.
La fortuna però, che per 25 anni lo aveva assistito, lo abbandonò e nell’ottobre del 1589, mentre aveva catturato l’ennesimo bambino, le urla del piccolo attirarono l’attenzione di vari campagnoli, che immediatamente accorsero accerchiandolo. Stubbe si nascose tra i cespugli ululando, ma senza lasciarsi intimorire, i contadini armati di bastone batterono in mezzo alle foglie pensando di stanare una bestia feroce, quando all’improvviso, balzò fuori un uomo di mezza età, noto come una persona assolutamente normale e rispettata, dai modi gentili e disponibile con tutti; uno dei proprietari terrieri dei dintorni.
La giustizia non tardò a fare il suo corso, tanto più sollecitata dalla pressione della popolazione che pretendeva la testa di colui che aveva ucciso e divorato i propri figli. Durante il processo, Stubbe confessò, sotto tortura, gli omicidi e ne spiegò anche la motivazione: “All’età di tredici anni cominciai a praticare magia ed in alcuni casi stregoneria, per avere quei poteri che nei miei sogni spesso si realizzavano. Praticavo questi riti con alcuni dei miei compagni, ma loro erano terrorizzati da tutto ciò, allora decisi che dovevo sperimentare la cosa per conto mio. Un giorno riuscii a mettermi in contatto con il Diavolo in persona e con lui feci un patto, in cambio della mia anima ricevetti una cintura magica che indossata mi dava la possibilità di trasformarmi in un lupo rapace, forte e possente, gli occhi mi diventavano grandi che scintillavano nella notte come braci infuocate, la bocca mi veniva larga e grande, i denti aguzzi e crudeli, il corpo lo sentivo enorme e forte, le zampe possenti, ed e proprio con questa mutazione che uccisi e smembrai diversi ragazzini oltre che due donne incinte. Quando me la toglievo tornavo nelle mie sembianze umane. Quando riuscivo a prendere un bambino maschio o femmina, godevo nel vederlo soffrire, alcune volte dopo averli sgozzati li tagliavo a pezzi e ne mangiavo alcune parti crude. Ma la mia più grande soddisfazione fu quando assaggiai quel cervello, è stata una squisitezza che non dimenticherò mai”. Chiaramente la cintura non fu mai ritrovata. Raccontò anche di essere stato morso al braccio da un lupo, di cui aveva bevuto le urine lasciate in una ciotola, questo perché convinto di essere divenuto invincibile; ma il tentativo di impietosire la giuria fallì miseramente e gli inquirenti furono chiari: per il dolore procurato, la condanna doveva essere esemplare e a tale scopo fu scelta la ruota della tortura.
Il 28 ottobre del 1589, Peter Stubbe fu legato allo strumento di morte, e con un ferro arroventato gli furono staccate parti di carne delle braccia e delle gambe, poi gli furono tagliati piedi e mani e per ultimo fu decapitato. Il corpo venne bruciato e la testa impalata ed esposta al villaggio. Sorte non più felice, in quanto giudicate complici, toccò anche a Katherine Trompin ed a Bell, che furono arse vive.
Ma di storie agghiaccianti di killer licantropi ne ritroviamo anche in Francia, come quella di Gilles Garnier, che qualche anno prima di Stubbe a Dole, uccise e poi mangiò quattro bambini; l’assassino fu messo al rogo nel gennaio del 1573.Sempre in Francia, a Landes, Jean Grenier uccise diversi ragazzi, ma contrariamente agli altri, lui, non fu condannato a morte, solo intorno al 1603, venne rinchiuso a vita in un monastero.
Tutti questi assassini credevano di trasformarsi in lupo sotto l’influsso della luna piena, di cambiare fisicamente assumendone le sembianze e pertanto di essere giustificati nell’uccidere innocenti, perché la bestia li spingeva a compiere atti abominevoli, ma della bestia, avevano solo la ferocia.