Dal passato pagàno, piccoli sprazzi di pietra ci raccontano di quanto le donne dell’epoca greca e romana furono il fulcro della guida religiosa, sicché politica, della città di Partenope. Il Culto di Demetra Attica per i Greci o Cerere per i Romani, divenne un’istituzione di grande pregio. Non a caso il tempio si ergeva lungo il stenopos/cardo che scendeva dall’Agorà verso il platêiai/decumano inferiore. Di fianco al Tempio dove si praticavano i riti magici Eleusini, due donne lasciarono un’impronta sulla storia di Napoli. Eppure queste donne sono poco conosciute nella tradizione partenopea, forse per il forte culto cristiano che si è sviluppato nella zona della città con santa Patrizia e altre sante, e la Damnatio Memoriae della chiesa cristiana.
La prima di cui conserviamo una lastra marmorea del II secolo d.C. fu la guida della casa madre delle sacerdotesse di Demetra, poco distante dal Tempio, a presiederla vi era Tettia Casta. Tanto famosa all’epoca e rispettata che quando fu sepolta intervenne con le spese il Senato greco napoletano che fece aggiungere appunto l’epigrafe presso la tomba a santa Maria Egiziaca a Forcella. Poco prima della sua morte, la dicitura racconta che la religiosa pagana aveva contribuito all’abbellimento delle vie della città donando pregiate statue argentee delle divinità patrie. La giovane morì prematuramente ed ebbe dal Senato anche una scultura monumentale (sita al centro dell’agorà) e alla tomba con un clipeo, una corona d’oro sulla degna sepoltura. Questa lastra, trovata nel 1612, oggi è conservata nel Museo Archeologico di Napoli, a cui si aggiunsero altre targhe di marmo con altrettanti decreti che attribuirono onorificenze alla venerabile e il divieto di edificare nello spazio intorno al sepolcro della nobildonna.
La seconda donna per eccellenza, anch’essa sacerdotessa di Demetra/Cerere è Cominia Plutogenia. Tracce di lei si ritrovano in una epigrafe marmorea scoperta nel cortile di un palazzo nella piazza san Gaetano, nascosta a pochi metri dal Tempio dei Dioscuri, oggi chiesa di san Paolo. Questa lapide fu portata alla luce dal cavalier Ferdinando Colonna di Stigliano alla fine dell’800. Vi è una dedica di un bisavolo che in greco antico, seppur ritoccata, ci arricchisce di informazioni sul sistema giuridico e amministrativo partenopeo e della sua importante presenza. Ora, insieme alle nostre dee e le nostre sante, alle patrone e alle divinità, alle donne rivoluzionare e regine e poetesse… possiamo annoverare nel pantheon delle figure femminili Tettia Casta e Cominia Plutogenia. Emblema ed esempio di grande rispetto anche da Roma, e di quanto va sempre più affermata l’importanza ed il valore politico-sociale e religioso del femminino sacro della città napoletana, tanto che a ricordarlo ci fu anche il filosofo-oratore Marco Tullio Cicerone che scrisse nel Pro Balbo (24,55) che le sacerdotesse del Tempio di Cerere a Roma provenivano dalla casa della dea Demetra di Neapolis e di Velia, le quali erano le più qualificate perché erano le uniche (da I secolo a. C.) a mantenere le tradizioni rituali e cerimoniali della magna Grecia inalterate.
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fonte articolo: maurizio ponticello newton compton editori