Le porte di Napoli
Introduzione:
Napoli, negli oltre suoi duemilacinquecento anni di storia, ha subito molteplici trasformazioni urbanistiche. Le sue mura si sono sviluppate di pari passo con l’ampliamento della città. Ogni periodo storico, il greco-romano, il medioevale-bizantino, il ducale, il normanno, l’ angioino-aragonese, il vicereale, il francese, fino a quello borbonico e post unitario, ha lasciato alla città numerose testimonianze e trasformazioni urbanistiche.Tutte le varie dominazioni succedutesi nei secoli hanno voluto contribuire a rendere sempre più bella, moderna e confortevole questa città lasciando miglioramenti e testimonianze del loro passaggio. Durante queste trasformazioni molte delle porte della città sono state abbellite, eliminate, spostate, trasformate o abbattute.
Porte del periodo greco-romano dal VII°secolo A.C. al V°secolo D.C.
Nel periodo greco-romano, secondo Bartolomeo Capasso, nelle mura della città di Napoli erano edificate otto porte di cui sei delimitavano i tre decumani (gli antichi Plateiali greci). Si trovavano: ad est Porta Nolana, Porta Capuana e Porta Furcillensiis ; ad ovest Porta Puteolana e Porta Romana e un’ altra porta non bene identificata che nel medioevo fu ricostruita e prese il nome di Donnorso; mentre a sud vi era porta Ventosa che portava al mare e a nord un’altra porta nei pressi del canale che allora attraversava piazza Cavour (in una zona più arretrata dove poi sorgerà Porta San Gennaro).
Porte del XVII° secolo
In “Notizie del bello e dell’antico e del curioso della città di Napoli” nel XVII° Carlo Celano descrive venticinque porte ancora esistenti in quel tempo:
Nove dalla parte di terra:
porta del 1)Porta del Carmine, 2) Porta Nolana, 3) Porta Capouana, 4) Porta di San S. Gennaro, 5) Porta di Costantinopoli, 6) Porta Alba, 7) Porta dello Spirito Santo, 8) Porta Medina, 9 ) Porta di Chiaja.
Sedici porte dalla parte di Mare:
1)Porta del Carmine, 2) Porta della Conceria, 3)Porta di Santa Maria a Parete, 4)Porta delle Mandre, 5) Porta dei Bottari o dello Speron del Sale, 6) Porta dello Zabo o Zabatteria, definita anche di Mezzo o dei Tornieri, 7) Porta di Sant’Andrea degli Scopari, 8) Porta della Pietra del Pesce, 9) Porta della Marina del Vino, 10) Porta del Caputo, 11) Porta di Massa, 12) Porta del Molo piccolo o di Portosalvo, 13) Porta di Olivares, 14) Porta dell’Olio, 15) Porta della Calce, 16) Porta dei Pulici. Si notano citate due porte del Carmine una era dal lato terra sull’attuale piazza G.Pepe e l’altra dal lato mare su via Marina
L’argomento trattato in questa ricerca sarà suddiviso in quattro articoli :
I) Le Porte Tuttora esistenti
II) Le porte di cui rimangono testimonianze rilevanti in targhe, dipinti e stampe.
III) Le porte meridionali che conducevano al mare nel XVII° secolo
IV) Antiche porte scomparse o abbattute prima del XVII° secolo di cui sono rimaste solo poche testimonianze in documenti, scritti e in alcuni toponimi.
Parte prima
Le porte tuttora esistenti :
Del Periodo aragonese: 1)Porta Aragonese. 2) Porta dei tornieri. 3) Porta Capuana . 4) Porta Nolana. Del periodo vicereale: 5)Porta San Gennaro. 6) Port’Alba Del periodo borbonico: 7) Vado del Carmine.
1) Porta della cittadella Aragonese
L’unica testimonianza superstite della cittadella aragonese è la porta; la cittadella era costituita da una cinta muraria fortificata che circondava il Castel Nuovo. Quella porta fa ancora bella mostra di se, isolata e sola, davanti al Maschio Angioino. La porta era stata costruita nel 1453 insieme alle fortificazioni del castello delle cui fondamenta si possono osservare alcuni resti nella stazione della metro “Municipio” . Questa porta collegava il castello con il largo delle Corregge e con il molo grande. Fu molto danneggiata nel 1495 dalla potente artiglieria dalle milizie di Carlo VIII, nell’attacco al castello durante la sua breve conquista del regno di Napoli. Il re francese riuscì ad essere sovrano della città solo per pochi mesi prima di essere scacciato al grido di “ferro ferro “dalle armate aragonesi appoggiate dal popolo napoletano.
Il restauro della porta
Nel 1499 Federico d’Aragona la fece restaurare decorandola ed abbellendola con marmi e fece collocare sull’ ingresso lo stemma reale aragonese dello scultore toscano Antonio da Pontassieve. La porta è l’unica testimonianza sopravvissuta dopo il nuovo assetto urbano di largo Castello e di piazza Municipio iniziato alla fine del 1920. Tutte le fortificazioni e gli edifici che vi erano stati costruiti sopra, dai secoli XVII °al XIX°, furono abbattuti. Nel 1939 i lavori terminarono e restituirono al Maschio Angioino tutta la sua bellezza originaria e la sua maestosità.
2) Porta dei Tornieri
Porta dello Zabo o Zabatteria, definita anche di Mezzo o dei Tornieri ” perchè introduce ad una contrada ove sono questi artefici”. Questa porta era stata inglobata nel 1875 in un edificio all’angolo di via Duomo. Molto probabilmente la sua attuale posizione non è quella originale. Da studi e ricerche accurate, Giancarlo Alisio* sostiene che questa porta fu ritrovata seminterrata sotto l’intonaco caduto di un palazzo sito in via Zabatteria. Questo palazzo verrà abbattuto pochi anni dopo. La strada fu definitivamente eliminata negli anni ’80 nei lavori di ricostruzione e sistemazione di via Marina per cui Alisio desume e che la porta sia stata trasferita pochi metri più avanti nello stesso anno e posta come ingresso al bar che già esisteva negli anni settanta .
Oggi risulta essere l’unica testimonianza delle porte meridionali (quelle che congiungevano la città con la zona portuale). Della porta rimangono solo pochi resti. La sua struttura architettonica ci indica che aspetto avessero le altre porte che davano sul porto essendo state costruite o ristrutturate nello stesso periodo aragonese.
Nota
*Giancarlo Alisio (Napoli 1930-2005) è stato professore ordinario di Storia dell’architettura nell’Università di Napoli. Ha pubblicato numerosi volumi su architetti e ingegneri dell’Ottocento e sull’urbanistica e l’architettura dei secoli XVIII e XIX, con particolare riferimento ai problemi relativi alla città di Napoli.
3) Porta Capuana
Intrent securi qui quaerunt vivere puri*
(Entrino sicuri coloro che intendono vivere onestamente)
Una delle più belle porte del rinascimento, difesa da due possenti torri, una denominata Onore e l’altra Virtù. Fu eretta nel XV° secolo da Ferrante I d’Aragona nel luogo in cui sorgeva l’antica porta Capuana che era leggermente più indietro, vicino al fossato del Castel Capuano, come testimoniato dall’architetto napoletano Pierantonio Lettieri nel 1484. Le splendide sculture e decorazioni marmoree sono opere dello scultore Giuliano da Majano. Lo stemma aragonese fu sostituito con quello di Carlo V nel 1535 quando l’imperatore Carlo V entrò in Napoli da quella porta. La denominazione Capuana deriva dal fatto che era situata sulla via che già nell’antichità conduceva a Capua.
L’affresco di Mattia Preti
Sulla porta nel 1656 venne eretto un’ antiestetico nicchione con all’interno un affresco di Mattia Preti rappresentante San Michele Arcangelo, San Gennaro, Sant’ Agnello e San Rocco nell’atto di pregare la Vergine Maria di scacciare la peste da Napoli. Secondo Bernardo De Dominici , il Cavalier Calabrese, così era denominato il Preti, uccise una guardia nel tentativo di entrare in città che era in quarantena senza sottoporsi ai controlli sanitari costituiti per l’epidemia di pestilenza. Per questo crimine venne condannato a morte; successivamente patteggiò col Viceré la sua liberazione in cambio dell’affrescare tutte le porte della città. Questa versione pittoresca è ampliamente contestata dagli storici. Pare che esistano ricevute per cui al Cavalier Calabrese gli affreschi furono commissionati dagli “eletti” della città e ricevette ben 200 ducati per ogni opera dipinta. Il De Dominici era noto per le sue numerose fantasie e inesattezze.
Sostituzione ottocentesca dell’ affresco
L’affresco negli anni si deteriorò e fu sostituito da un altro rappresentante l’Immacolata, realizzato da Gennaro Maldarelli nel 1837. Negli anni 20 con un radicale restauro furono demolite le vetuste e decrepite costruzioni effettuate sulle mura. Successivamente con un ulteriore restauro si elimino anche l’antiestetico nicchione che conteneva un’ ormai illeggibile pittura. La porta con le sue torri “Onore e Virtù “tornò al suo antico splendore.
* Testo di una targa fatta incidere da Federico II di Svevia sotto i busti di Nicola da Sessa e Pier delle vigne presenti sull’ ingresso dell’antica ” Porta Capuana “.
4) Porta Nolana
Questa porta fu costruita da Ferrante I nel 1483, durante la costruzione delle nuove mura della città. Sul retro vi è una statua a stucco di San Gaetano Thiene ed una targa che ricorda la Peste del 1656. Sul lato anteriore è decorata con un bassorilievo in marmo dello scultore Giuliano da Majano che rappresenta Ferrante a cavallo con una lapide con un iscrizione che recita :” ferrabìnte rex nobilissima patriae”. La porta è fra due torri denominate una “Cara Fè” (pare che questa nome derivasse dalla nobile famiglia dei Carafa che erano molto legati alla dinastia aragonese) e l’ altra “Speranza“.
Anche su questa porta vi era un affresco di Mattia Preti, andato perso nel tempo, Il De Dominici lo descrive nella sua opera “Le vite de’ pittori, scultori e architetti napoletani ” e lo rappresenta come l’intercessione di San Gennaro e San Gaetano ad una Madonna con bambino per la liberazione del popolo dalla peste.
La peste del 1656
Nel 1656 a Napoli come nel resto d’Europa dilaga la peste. La colpa dell’epidemia si attribuisce ai topi. I napoletani, nel tentativo di contenere l’infezione, utilizzarono un metodo che allora si usava per “derattizzare” le navi. Per eliminare i topi, catturavano grossi topi, “ le zoccole“, e per incattivirle le riempivano di acini di pepe cucendo poi loro il sedere. Dopo averle liberate, queste, impazzite, ritornavano nelle fogne, azzannavano e uccidevano gli altri ratti. Ma pare che questo sistema non fu efficace.
La peste decimò la popolazione che da 400.000 abitanti passò a 100.000. La leggenda vuole che fu il miracoloso intervento di San Gennaro e di San Gaetano ad eliminare la peste, il 15 agosto 1656, con un diluvio che affogò tutti topi nelle fogne e lavò le strade della città. Da qui pare che nacquero i detti: “facimm a fine de’ surice” e “mettimmo ‘o pepe ‘n culo a zoccola- Dopo questo miracolo fu eretta sulla porta una statua di San Gaetano con la scritta: “ad pestae liberatum“.
5) Porta San Gennaro
Anticamente la porta era munita di due torri fortificate e si trovava dove oggi è via Settembrini. Affacciava in quel tempo in una specie di canale dove confluivano tutte le acque piovane (la lava dei Vergini) delle colline circostanti . Durante il periodo vicereale, nel 1537, fu spostata nella posizione attuale. La sua denominazione deriva dal fatto che si trovava sulla via che porta alle catacombe di San Gennaro e alla chiesa di San Gennaro extra moenia. Da allora la porta affaccia su largo delle pigne (l’attuale piazza Cavour) così denominato perchè nel XV° e XVI° secolo vi era una pineta che venne poi abbattuta nel 1730 .
Nella zona antistante alla porta nel 1787 furono trovate numerose tombe dalle cui iscrizioni si risale alla “Fratia degli Eunostodi “ * sacerdoti che adoravano Eunosto, dio della temperanza. Questi sacerdoti erano votati alla castità per cui quella zona assunse la denominazioni dei “Vergini”.
Nota
*Nel 476 a.C. i liberi cittadini di Neapolis, come in qualsiasi altra città del mondo greco antico, si suddivisero in Fratrie……….La fratria degli Eunostidi era composta, forse, dai greci Beoti e prende il nome da Eunosto, figlio di Ileo, re della Beozia. La fratria degli Eunosti aveva la sede in una vallata lontano dalla città, posta tra il teatro ed il muro di cinta settentrionale, in prossimità dell’attuale “borgo dei Vergini”. da Corpo di Napoli .it
L’unico affresco sopravvissuto
Dopo la peste del 1656, come ex voto, si aggiunse un’edicola affrescata da Mattia Preti,che ancora oggi è in discreto stato di conservazione, dopo il restauro del 1997. L’affresco raffigura San Gennaro, con Santa Rosalia e San Francesco Saverio, che pregano la Vergine Immacolata con bambino di intercedere per la fine dell’ epidemia di peste. In basso è rappresentata una scena di disperati e una donna, piena di piaghe e con degli stracci in testa, seduta su delle scale, morde se stessa. La donna rappresenterebbe l’allegoria della peste. Da poco sono stati intrapresi un ulteriore restauro della porta e la messa in sicurezza dell’ affresco, che è ancora in corso. Quest’affresco è l’unico rimasto fra i sette che il cavalier Calabrese dipinse sulle porte della città.
Testo della lapide sotto il busto di San Gaetano
“Dom Beato Caitano Cler. Rec Fundadori publicae sospitatis vindici civitas neapolitana adgrati animi in citamentum simulacrum hoc posuit dicavitque Anno Christi MDCLVIII”
6) Da porta Sciuscella a Port’ Alba
Nella Guida metodica di Napoli e i suoi contorni di Erasmo Pistolesi del 1845 leggiamo “ Porta Sciuscella – Sì detta forse da un qualche albero di corniolo, che da Napolitani chiamavansi Scioscella. Dicesi anche Alba perché innalzata da Antonio Alvares Duca d’Alba…..Sopra primeggia la statua di San Gaetano Tiene, eletto in occasione della pestilenza del 1656 a protettore di Napoli…. in bronzo…..La detta statua esisteva sulla demolita porta regale, ossia dello Spirito Santo (1775)”
Fu l’architetto Pompeo Lauria a ricevere la commissione dal Duca d’Alba per la costruzione dell’opera e decise di aprire un passaggio nel torrione che fu chiamato appunto Port’Alba (sebbene ben diverso dalla porta attuale) e fu decorato con tre stemmi: uno di Filippo III, uno della città di Napoli e uno del Vicerè. Anche questa porta fu decorata con uno dei sette affreschi di Mattia Preti eseguiti sulle porte della città tra 1657 e 1659 come ex voto per la fine della peste del 1656. L’affresco rappresentava la Vergine con San Gennaro e San Gaetano e i moribondi appestati.“ Anche questo per l’esposizione alle intemperie è andato perso. Nel 1781 sull’apice della porta fu collocata la statua di bronzo di San Gaetano che precedentemente era situata sulla porta reale abbattuta sei anni prima.
La storia della porta
In origine, nel luogo, prima della costruzione della Porta, c’era un vecchio torrione di guardia. Si narra che gli abitanti della zona, del Cavone e dell’ Avvocata per poter raggiungere il centro della città dovevano seguire un lungo percorso, così trovarono più comodo scavare un piccolo passaggio alla base del torrione “nu’ pertuso” . Il buco serviva per accorciare il percorso. Le sentinelle a guardia alle mura subito lo chiudevano, ma, ogni volta, qualcuno tornava a scavare. Fu così che esasperati dai continui danni alla cinta muraria, si pensò di costruire una vera porta. Così nel 1624, il Vicerè Duca d’Alba, acconsentì alla demolizione del torrione e alla costruzione prima di un piccolo passaggio e poi alla costruzione della porta che da lui prese il nome. La porta era meglio conosciuta dal popolino come porta “sciuscella”
Porta sciuscella
la porta era così chiamata perché in quella zona vi erano delle piante di carrubo che in napoletano erano dette “sciuscelle”. In origine la porta non era molto grande, a stento riusciva a passare una carrozza. Solo nel 1797 la porta raggiunse l’attuale forma architettonica e la bellezza odierna. La porta collegava il largo Mercatello (l’attuale piazza Dante) al decumano maggiore (Via Tribunali).
Largo Mercatello
Si chiamava Mercatello perchè ogni mercoledì si teneva il mercato di cereali, frutta e verdura, negli altri giorni era usato come spazio di equitazione (le cavallerizze del Mercatello). Raramente lo spazio fu usato anche per alcune esecuzioni capitali che in genere avvenivano nella più grande piazza Mercato. La piazza fu trasformata in lazzaretto durante la peste del 1656, come rappresentato nel famoso quadro di Micco Spadaro custodito presso il Museo di San Martino. Nel 1765 la piazza fu trasformata in uno spettacolare emiciclo dall’ architetto Luigi Vanvitelli per glorificare Carlo di Borbone e fu denominata foro Carolino, nome che conservò fino al 1861. Con la caduta del Borbone la splendida piazza fu dedicata a Dante Alighieri.
Un editto del 1796 conservato sulla porta
“Bando da parte degli ecc.mi signori deputati del tribunale della fortificazione ed acqua di questa fedelissima città convenendo al comodo e buon servizio pubblico che l’atrio di porta Sciuscella sia sgombro e sbarazzato affatto di tal che sia sempre libero il passaggio dé cittadini delle carrozze, e delle altre vetture perciò avendo avuta notizia ch’esso atrio continuam venga ingombrato da venditori de commestibili, quindi ciè paruto di fare il presente bando col quale ordiniamo a tutt’ e qualsivoglia persone che non ardiscano da
oggi in avanti tenere nel suddetto atrio posti, sporte ed altri simili imbarazzi, sotto pena di dvc 24 da esigersi irremissibilmente da controventori ed acciò l’ordine venga a notizia di tutti, né possa allegarsi causa di ignoranza, vogliamo che il presente nostro bando si pubblichi in D’ luogo, e poi si affigga in S. Lorenzo li 19 gennaio 1796. Li deputati del tribunale della fortificaz. mattonata, ed acqua di questa fedelis città
il duca di Bagnoli Vincenzo Spinelli Giuseppe Serra Gio Lonardo Mascia Girolamo Vassallo seg..»”
Testo sotto gli stemmi di Filippo III, della città e del vicerè
Philippo III Rege Antonius Alvarez Dux Albae Prorex viam hanc portanque albam montanis urbis regionibus ad praetorium et ad regiam compendarios publicae commoditati aperut munivit anno magistrat. III Sal. Hum MDCXXV
Testo della lapide posta sotto la statua di bronzo di San Gaetano :
Quam olim divo Caitano Urbis suspicatori in vertice porta regalis neapolitani incolumes votivam posuerunt statuam porta deinde ablata aedilis huc trasferendam collocandamque curaverunt anno MDCCLXXXI
7) Vado del Carmine
Su progetto dell’ architetto Giovanni Bompiede viene costruito nel 1748 il vado del Carmine al posto della porta della Conceria, nelle vicinanze di piazza del Mercato. Il Vado fu commissionato da Carlo di Borbone nel progetto di riqualificazione urbana della zona Mercato. E’ una delle porte più rappresentative della città per il particolare effetto chiaroscuro ottenuto sia attraverso l’uso di pietre bianche e grige, marmo e piperno, sia per le profonde sporgenze delle listature orizzontali delle colonne. Ungaretti nel 1932 la descrisse così : “…due pilastri…pepe e sale…piantati con durezza come cardini in un forziere ” Fino agli anni 70 il vado era inglobato tra due palazzi di cui uno di epoca fascista. demoliti per far posto alla nuova via Marina e le due colonne furono spostate più avanti su un’ aiuola che funge da spartitraffico nella nuova e larga strada.
2) Parte seconda: Le porte di cui rimangono solo testimonianze in targhe, dipinti, stampe e scritti
3) Parte terza: Le porte meridionali verso il mare
4) Parte quarta: Le porte più antiche