Davanti ai giornalisti convocati in un hotel di Lima, hanno mostrato foto, radiografie, TAC, esami di laboratorio e documenti che sembrano comprovare il dato più sorprendente: quei reperti sarebbero autentici, non manipolati né realizzati da abili falsari. Si tratterebbe di cadaveri antichi e reali- per quanto così anomali- formati da ossa, tendini, legamenti, pelle ed organi interni disposti in modo naturale, in modo coerente rispetto all’anatomia: secondo i medici che li hanno esaminati, è altamente improbabile, se non impossibile, che siano stati ricostruiti come una specie di puzzle utilizzando parti di animali o di esseri umani deceduti.
Era assente (ufficialmente per motivi di salute) l’esploratore francese Thierry Jamin, a capo dell’istituto non governativo INKARI, tra i primi a prendere in esame le controverse mummie: in sua vece, ha preso la parola il vicepresidente Josè Casafranca. C’era invece Jaime Maussan, il giornalista messicano noto per le sue ricerche in ambito ufologico e spesso criticato dagli stessi ricercatori alternativi per i suoi presunti scoop. Presenti poi il medico chirurgo Edson Salazar, il perito forense Josè Zalce, il biologo Josè De la Cruz Rios. A introdurre i relatori e a fare gli onori di casa, il giornalista peruviano Jois Mantilla.
La conferenza stampa ha permesso di conoscere nuovi elementi e dettagli su questa vicenda incredibile. Innanzitutto, è stato confermato che sia i primi tre reperti apparsi in un video dell’utente Krawix (un piccolo corpo soprannominato Albert, una testa mozzata e una grande mano a tre dita) sia la grande mummia seduta in posizione fetale mostrata dal sito Gaia.com (chiamata dai medici Maria) provengono dallo stesso luogo- una misteriosa tomba, trovata pare nel deserto di Nazca, di cui però si ignorano altri particolari a partire dall’esatta posizione. In più, sono state presentati altri resti apparentemente biologici.
Come ad esempio Victoria: priva di testa, seduta, con le mani (a tre dita) appoggiate sulle ginocchia e con gli arti lunghi e sottili. O come Josefina, molto simile ad Albert, ma non identica, come avviene in natura per i singoli individui appartenenti ad una stessa specie, ha spiegato il dottor Zalce. In particolare, Josefina presenta una placca metallica nel petto e persino tre uova nel ventre. Le costole appaiono sollevate come avviene nei corpi femminili durante una gravidanza e anche il bacino risulta più ampio rispetto a quello dell’esemplare maschio.
La presenza delle uova, l’assenza di ghiandole mammarie, la struttura della pelle oltre alla particolare conformazione della testa dei femori, ha spinto il biologo De la Cruz Rios ad un’azzardata affermazione: queste mummie alte 60 centimetri non sono mammiferi, ma sembrano appartenere alla famiglia dei rettili pur essendo molto particolari, visto che hanno un aspetto più simile all’uomo che alle lucertole. Ma per spiegare come si muovevano, le ha paragonate al Velociraptor, il dinosauro estinto 70 milioni di anni, in grado di camminare e correre sulle due zampe posteriori.
Come se non bastasse, procedendo nella spiegazione anatomica, fisiologica e biomeccanica dei reperti, il perito forense Zalce ha sottolineato che siamo di fronte ad almeno due specie diverse, perché Maria ha caratteristiche peculiari che la rendono più antropomorfa, più umanoide. Il cranio (un pezzo unico, ha mostrato l’esame ai raggi x) è allungato, ma non per una deformazione volontaria o per una malattia nota; inoltre ha un volume superiore rispetto al nostro. Ha orbite oculari ampie e circolari, narici praticamente assenti, nessun padiglione auricolare e una mandibola dotata di denti. Per numero e conformazione, le vertebre e le costole sono diverse da quelle umane. E poi ci sono mani e piedi del tutto insoliti.
Le mani di Maria (alta un metro e 68 cm) sono formate da tre dita, molto lunghe e affusolate, composte da 5 falangi che si innestano direttamente nell’articolazione del polso: non aveva, dunque, un palmo. Lo stesso discorso vale per i piedi, privi della “pianta”, con le tre dita ad angolo retto. Nonostante questo, secondo il dottore Zalce, poteva camminare e poteva afferrare gli oggetti, pur non avendo il pollice. E tutte queste anomalie anatomiche, a detta del medico, non sono riconducibili a patologie conosciute.
L’esame al radiocarbonio, utilizzato in ambito scientifico per datare i resti biologici, ha offerto risultati altrettanto sorprendenti: i corpi o le parti di corpo analizzati non sono coevi gli uni rispetto alle altre, anzi sono separati da molti secoli. Maria viene collocata tra il 248 e il 390 dopo Cristo, Victoria invece sarebbe vissuta verso l’anno 1000, ma una mano, in base al test con il C14, avrebbe addirittura migliaia di anni… A permettere il loro quasi perfetto stato di conservazione, è la polvere di cui i reperti sono ricoperti: non gesso o argilla, ma terra di diatomee, un residuo fossile di origine marina ricco di calcio e silicio. Tra le sue caratteristiche, c’è la funzione battericida e insetticida: questo elemento, insieme al clima molto secco dell’area di Nazca, avrebbe impedito la putrefazione dei cadaveri.
In tutto questo quadro decisamente fuori dall’ordinario, manca però un tassello fondamentale: l’analisi del DNA. Mostrando la lettera inviata dal laboratorio incaricato di effettuare l’esame genetico su alcuni campioni, Maussan ( l’unico tra i presenti ad evocare una provenienza non terrestre delle creature sotto esame) ha spiegato che i risultati saranno disponibili non prima di 3-4 settimane e che saranno prontamente divulgati, qualunque sia il responso. Dunque, nel giro di un mese, potremmo conoscere il genoma di questi strani esseri, ammesso che possa essere estratto e interamente ricostruito, dato che si tratta di un DNA- a quanto sembra- antico.
Questi, in sintesi, gli elementi emersi durante la presentazione alla stampa. Da notare, il ruolo piuttosto defilato del giornalista messicano che non ha monopolizzato l’incontro, ma ha al contrario lasciato molto spazio all’intervento dei ricercatori scientifici. Questo è un punto da sottolineare: a parlare sono stati soprattutto loro, i medici, gli uomini d scienza, che- come si suol dire- “ci hanno messo la faccia” esponendosi in prima persona. Non conoscendo i loro CV e la loro storia professionale, non possiamo permetterci giudizi sulla loro competenza e preparazione. Indipendentemente dalla fondatezza dello loro analisi, però, hanno esposto una serie di dati oggettivi, quindi verificabili e confutabili.
Il dottor Salazar ha infatti rivolto un appello al governo di Lima e al Ministero della Cultura peruviano perché svolgano a loro volta indagini volte a stabilire l’effettiva natura di queste mummie. “Ci sono solo tre possibilità”, ha detto. “O sono dei falsi realizzati ora e quindi siamo di fronte ad una frode, ad un reato il cui responsabile va perseguito e punito; o sono dei falsi realizzati in tempi antichi e quindi hanno una grande rilevanza storica, perché denotano una perfetta conoscenza dell’anatomia; oppure sono reali. E se è tutto vero, serve un riconoscimento ufficiale delle istituzioni.” Salazar si è poi rivolto anche agli scopritori della tomba misteriosa, rimasti anonimi: “Basta con questa segretezza, diteci dove si trova perché potrebbe essere un sito archeologico unico al mondo”.
Ci aspettiamo, adesso, che la comunità scientifica internazionale cerchi un riscontro a queste clamorose affermazioni, controlli i test, svolga le contro-analisi sui reperti, li sottoponga a nuovi esami magari ancora più approfonditi, con macchinari ancora più sofisticati, e dimostri (se può) con prove scientifiche che gli studiosi peruviani sbagliano. Arrivati a questo punto, non basta trincerarsi dietro alla suprema indifferenza di chi- sicuro a priori che quei corpi siano dei falsi semplicemente perché non possono essere veri- neppure affronta l’argomento considerandolo spazzatura. Lo scetticismo a tutti i costi diventa pura arroganza. La scienza, la vera scienza, procede invece grazie al dubbio, quando con mente aperta si mettono al vaglio anche le ipotesi più assurde, senza preconcetti e pregiudizi, ma con un chiaro obiettivo: la verità. L’unica cosa che conta.
(Fonte: SABRINA PIERAGOSTINI, extremamente.it, 12 luglio 2017)