L’annuncio del concepimento verginale e della nascita verginale di Gesù che viene fatto a sua madre Maria è uno dei momenti più sentiti ed emozionanti per i cristiani con la consapevolezza di caratterizzate nella Madonna la ricca visione di umiltà nel gesto della accoglienza.
L’Annunciazione, che inevitabilmente ad un partenopeo richiama da subito la scena teatrale del trio La Smorfia (con Massimo Troisi), ha una profonda radice di tradizione in Napoli.
Detta anche “Conceptio Domini” o “Conceptio Christi”, ricollegandosi alla l’Immacolata come funzione e significato religioso. L’annuncio dell’Angelo a Maria, con la sua docile accoglienza dà inizio alla storia della definitiva ed eterna alleanza tra uomo e divino, in quanto momento in cui “il Verbo si fece carne“. L’Eterno si fa storia perché la missione di Gesù incomincia già nel grembo della madre, come testimonia il vangelo.
Ma di questa festività le tradizioni a Napoli non possono mancare e legata ad uno dei luoghi più conosciuti (almeno per storia) e più vissuti della città: la Real Casa dell’Annunziata.
Luogo che ha raccolto nei secoli centinaia di migliaia di bambini, figli della povertà che ha abbandonato, per farli rivivere come “‘e figlie d’a Maronna”.
L’Istituzione venne fondata nel 1304 per volere di due fratelli nobili napoletani, ovvero Nicolò e Jacopo Scondito che grazie al sostegno della regina Sancha di Majorca, moglie di Roberto d’Angiò, si diede vita alla congregazione che ebbe una veste giuridica riconosciuta. Vi nacque un ospedale, un convento, la chiesa e un conservatorio per donzelle oltre che il brefotrofio, tramutandosi in Real Casa. Dove spicca su tutti la “ruota degli esposti”, dove si adagiavano i neonati abbandonati alla nascita dalle madri che affidavano alla Provvidenza divina e all’intervento caritatevole delle suore un futuro migliore ai pargoli. Questo stratagemma andò avanti fino al 1814 quando Gioacchino Murat volle l’abolizione di tale usanza, ma solo nel 1875 la ruota dell’Annunziata fu chiusa, anche se si incominciò ad abbandonarli sui gradini della chiesa.
Una leggenda popolare racconta che la Madonna Annunziata ha scarpe consumate perché cammina di notte sfamando i poveri e gli orfanelli.
Ma la devozione e la fede fu tanta che la storia aurea e la leggenda popolare volle che il popolo napoletano è “saziato” dall’intervento provvidenziale della Santissima Annunziata il 25 marzo, quando aiuta di notte sfamando i poveri e gli orfanelli. La Vergine Madre cammina di notte sfamando i poveri e gli orfanelli, portando conforto a tutti i suoi figli. Infatti, il mattino dopo si trovano le scarpe molto logore ai piedi della statua, un fatto prodigioso alquanto singolare, che seppur nessuno osa gridare al “miracolo”, in fondo è testimoniato dai fatti.
Come pegno per la promessa mantenuta, le donne rendono omaggio all’Annunziata regalandole i loro capelli e raccomandandole la custodia dei bambini. La statua della Madonna viene curata con amore dalle religiose che conservano quelle scarpine consumate come reliquie, anche se per la Chiesa non sono tali. Alcune mamme le infilano sotto il cuscino del figlio malato finché non guarisce. Un racconto molto intenso ci riporta ad apparizioni o voci della Vergine in luoghi che hanno poi richiamato l’attenzione di medici, o persone, che in tempo hanno salvato la vita dei bambini in quel momento in pericolo.
Una testimonianza intensa viene raccontata da Suor Maura in un’intervista rilasciata su “Il Mattino” dove si possono leggere tutte le sperienze che la monaca ha conosciuto negli anni, curando la stuta miracolosa.
Nel giorno della sua festa c’è l’usanza di sostituire le scarpette alla statua pronunciando il modo di dire: “A Santa Annunziata, tutto ‘o popolo è saziàte’”.
Concludendo con le parole del “De partu virginis” che è un poema latino, in 3 libri che raccontano le vicende della maternità di Maria, opera di Jacopo Sannazar:
A queste parole, gli occhi la Regina al cielo levando/ E alle dimore superne dei celesti ed ai tetti d’oro,/ annuì e fece uscire queste parole dal cuore: «Ormai vinci,/ fede, vinci, desiderio di servire! Ed eccomi: accolgo/ adorante i tuoi precetti ed il tuo dolce rito, o Padre/ onnipotente; l’inganno non vi appartiene, o celesti:/ i capelli riconosco, riconosco il volto e le mani/ e le parole e l’alato rampollo del cielo immutabile».
Tanto dicendo, ad un tratto di luce nuova vede splendere/ i penati: lo splendore aveva riempito la casa;/ lei non sostenendo i raggi ardenti ed il fuoco corrusco,/ allor temette di più. Ma il ventre (mirabile a dirsi!/ cose malnote non canto) senza violenza, senza macchia/ per il pudore, del Verbo occulto s’accrebbe: il Vigore,/ mosso dall’alto, che irradia, il Vigore l’onnipotente,/ Vigore che tutto abbraccia, discende – quel dio: Dio! –, per tutte/ le membra si dà ed al ventre si mescola. A quel suo contatto,/ d’un tratto tremano i visceri; è muta la natura e teme,/ come l’attonita vergine, e, smarrita dal turbinio/ inusuale degli eventi, le occulte ragioni è tentata,/ di chiederne, ma s’avvede di forze di molto diverse/ e di maggiori potenze: si scuote la terra e nel cielo/ sereno a sinistra il sommo signore del mondo tuonò,/ il Padre attestò l’avvento del figlio, perché tutti i popoli/ ovunque lo ascoltassero…
Foto di copertina: Tiziano Vecellio- Annunciazione del 1557 circa (olio su tela) dalla chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli oggi Museo di Capodimonte.