Napoli. L’uomo sin dalla sua comparsa sulla terra ha sentito la necessità di comunicare in qualche modo. Dai gesti ai messaggi iconici alla parola. La parola è una convenzione correlata con un segno.
A secondo dei diversi stanziamenti sulla terra, si sono gradualmente formati differenti codici linguistici: dai geroglifici egizi di natura simbolica alla scrittura cinese. In Europa due ceppi linguistici fondamentali: il greco-latino e quello germanico. Nella nostra Europa unita ci differenziamo proprio per la lingua, la cui natura è fortemente legata alla cultura di un popolo.
L’italiano, bellissima lingua dei nostri vati, è come lo spagnolo, il francese, di origine latina. Una lingua non facile, una grammatica ostica per chi non ci nasce in questo paese coi suoi molteplici verbi irregolari e declinazioni e tempi innumerevoli. La retorica e i passaggi tortuosi di intrecci di frasi secondari che perdono di vista la principale. Difficile da inserire in una canzone moderna, e poi gli innumerevoli dialetti che rendono questo piccolo paese così diversificato e a volte di difficile comprensione.
Con la globalizzazione si è reso necessario praticare una lingua comune. In un primo momento si fece largo l’idea dell’Espero, una lingua inventata a tavolino, ma non ha potuto diffondersi proprio perché la lingua non può essere avulsa da un vissuto reale. L’inglese si è naturalmente prestata ad essere la lingua più diffusa, sebbene lo spagnolo resta la lingua più parlata per numero di persone, ma la natura immediata inglese, poche regole grammaticali, una struttura linguistica più semplice, una lingua basata sull’uso sintetico di concetti.
Si fanno largo nella nostra lingua e nell’uso comune parole inglesi: sui giornali, nella politica usare slogan o promulgare leggi in inglese ci fa sentire più internazionali. In effetti usare ‘zapping’ invece di dire:’ girare da un canale all’altro’ oppure ‘breafing’ invece di breve colazione di lavoro, o meeting, shopping basta aprire un giornale e ne leggerete a iosa. La riduzione poi in rete è piena di inglesismi: la lingua inglese si fa largo e diventa internazionale.
Provate a cantare ‘Buon compleanno a te’ e sostituitelo con ‘Happy birthday to you’ vedrete che il ritmo diventa più veloce, deciso rallentato invece dalla nostra lingua che possiede le finali. Capirete che imparare l’inglese diventa una necessità per comunicare non solo col resto del mondo, ma anche fra di noi.
Permane, invece una forte resistenza per noi italiani rispetto agli altri paesi: per imparare una lingua bisogna calarsi in situazione essere motivati e non basta pensare che l’italiano si parla solo nel nostro paese.
Il primo approccio per lo studio dell’inglese con i piccoli studenti è proprio con una cartina del globo, in cui si mostra il piccolo stivale, unico spazio del mondo in cui si parla la nostra bella lingua, spesso si deve ancora restringere il campo geografico per la ‘lingua napoletana’, così da motivarli ad apprendere in primis l’italiano e gradualmente l’inglese per comunicare col resto del mondo.
Un espediente motivante è il teatro in lingua inglese di fiabe note. Il raccontare storie ai piccoli allievi offre l’opportunità di condurli attraverso il mondo della fantasia all’esplorare nuove culture, inoltre è uno dei metodi più efficaci di avvicinare un bambino all’uso della lingua.
La drammatizzazione poi della storia stessa permette al bambino di essere personaggio e quindi di liberarsi di qualsiasi remora o disagio ad esprimersi in una lingua diversa dalla propria. L’espediente del “far finta di” della favola e del teatro permette di visualizzare un contesto immaginario in cui calare ed interiorizzare e sviluppare le capacità comunicative sia in L1 che in L2.
Bisogna imparare da molto piccoli una seconda lingua, ma soprattutto sentirne forte la necessità. Lo testimoniano gli alunni stranieri, sempre più numerosi che in fretta imparano la nostra lingua quando inseriti in contesti scolastici dove il compagno di classe italiano diventa il mediatore linguistico primario.
Gli alunni partecipano a tutte le fasi: dalla costruzione della scena alla scenografia e costumi. La lingua inglese diventa veicolo naturale espressivo calato e contestualizzato in scena.
Il teatro di per sé resta forma terapeutica di eccellenza per migliorarsi divertendosi ed è terreno di alta possibilità espressiva e formativa al contempo.