La Grotta degli Sportiglioni, tra Poggioreale e Capodichino, è stata vista, fin dai tempi remoti, con sospetto e preoccupazione, poiché, per la nostra città, la sua storia è sempre stata nefasta, in quanto il nome deriva dal fatto che si trattava di un antro di tufo nel cui interno si nascondevano stormi di pipistrelli (dal latino vespertilia, poi vespertilione e infine sportiglione). Il primo a farne un uso singolare fu il comandante dell’esercito di Giustiniano, Belisario, che avanzava lungo la penisola contro i Goti nell’anno 536.
Quando arrivò ai confini della città, il Generale mise sotto assedio Napoli, occultò un intero reggimento di cavalleria nella grande cava e tagliò i canali dell’acquedotto della Bolla che partivano da Capodichino. Dopo una ventina di giorni, vedendo i napoletani continuare a opporre resistenza, stava per rinunciare alla conquista, quando un soldato gli riferì un passaggio segreto che lo avrebbe condotto direttamente nel cuore della città. L’attacco fu sferrato la notte successiva: quattrocento soldati entrarono nei pozzi, sbucarono nel centro abitato e aprirono le porte al resto dell’esercito che distrusse la città, come ha tramandato lo storico Procopio di Cesarea, presente al saccheggio.
Circa mille anni più tardi, nel 1442, Diomede Carafa, comandante dell’esercito di Alfonso I d’Aragona, conoscendo le modalità di espugnazione di Belisario, convocò due pozzari che condussero gli uomini delle truppe per gli stessi cunicoli sotterranei portandoli alla facile presa di Napoli. Nel 1656, invece, divenne un luogo funesto: fu la destinazione dei morti a causa della peste, e migliaia di cadaveri riempirono letteralmente il varco tanto da diventare una sorta di muro e per accentuare ancor di più la scabrosità degli eventi successi, le cavità, per via dei morti seppelliti nelle sue gole, divennero luogo prediletto di pratiche negromantiche.
Nel 19° secolo, fu un palcoscenico teatrale: Francesco De Petris vi ambientò tre atti da mettere in scena al teatro San Carlino di Napoli. La prima, che debuttò il 16 ottobre 1825, ebbe notevole successo, accolta dal pubblico con applausi e scrosci di risa, avendo come protagonista l’interprete della maschera partenopea per eccellenza, e il titolo stesso dell’opera consente di capire però quell’alone di sospetto che gravita attorno a questa grotta: I negromanti nella Grotta degli Sportiglioni, con Pulcinella e Pangrazio biscegliese dissotterratori di tesori e spaventati dall’ombra del filosofo errante. Un timore dunque suscitato non solo per la costante presenza di ladri e briganti.
Fonte articolo & foto: https://www.senzalinea.it/giornale/storia-di-napolila-grotta-degli-sportiglioni, pixabay.com, 07 maggio 2017