Nell’area settentrionale di Napoli, la cosiddetta VII municipalità (insieme a Miano e S. Pietro a Patierno), vige una zona di Napoli, ricordata solo dalle tragiche vicende criminali, che nessuno vuole nascondere anzi, ma valorizzare e promuovere il territorio può (e lo è stato in altre zone) essere un modo per invogliare a rivalutare il quartiere e riconoscerlo come luogo vissuto dalla stragrande maggioranza delle persone oneste che vi ci abitano: Secondigliano.
Il nome, secondo alcuni storici, è la contrazione di secondo miglio, trovandosi a una distanza di due miglia dal centro della città, segnalata dalla seconda pietra miliare della via Capuana o Atellana; altri studiosi richiamo una famiglia romana dei Secondili, oppure dalla sua posizione geografica in quanto a ridosso dei colli Secondili. In seguito sarà chiamato Regio Casale Secondigliano per poi divenire autonomo dal 17 marzo 1861 al 3 luglio 1926. Il più antico documento che abbiamo di questo casale è del 19 ottobre del VII secolo, sotto l’imperatore Alessio, il quale contiene l’affitto di un fondo posto in villa “Secundillani”. Dagli anni settanta vi è stata una trasformazione urbanistica degli edifici, con molti interventi tra cui molti ad opera dell’architetto organico Piero Maria Lugli.
Casale Regio di Secondigliano tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600 era una zona straordinariamente ricca di campagne salubri, per poi nei secoli arricchirsi anche di chiese di culto, botteghe e trattorie, incarnando il ritratto del benessere e della prosperità.
Sul famoso Corso vi è una palazzina di inizio Novecento, al civico 148, in bianco-nero e seppia che è scrigno di una tragica storia d’amore e di un mistero: il fantasma di San Lorenzo.
Il racconto ci porta in quegli anni, poco dopo la costruzione della palazzina, in cui si festeggiava il matrimonio di Milena e di Cosimo. Un’unione voluta dalla due famiglie, diremmo imposta, carico di interessi di natura economica.
Alcuni vicini, mossi da sentimenti d’amicizia nei confronti della famiglia di Milena, avevano intuito che la giovane amasse un altro ragazzo, forse non ben voluto dalla sua famiglia motivo della tragedia. Infatti, dopo il lungo banchetto fatto all’interno del cortile della palazzina, tra fiori d’arancio, ceste di frutta, deliziosi manicaretti, in pieno spirito popolare dell’epoca, il cuore infranto della giovane prese il sopravvento.
Verso sera turbata all’idea di dividere il resto della sua vita con un uomo che non amava, il marito Cosimo, con al scusa del caldo, era il 10 agosto, la giovane ventiseienne, andò a rifrescarsi un attimo sul balcone. E fu, un attimo che il suo corpo cadde, seguito da un grido gelido, con l’atto violento: il suicidio.
Da quel giorno ogni anno più persone parlano dell’apparizione del suo fantasma, tra la notte del 9 e il 10 agosto, festività di San Lorenzo.
Secondo alcuni condomini, un urlo preannuncia la visione, in cui una ragazza vestita da sposa, si sporge dalla balaustra e si lancia. Il vestito candido si gonfia al vento e i capelli fluttuano nel vuoto. Nel buio il corpo leggiadro sembra volteggiare nell’aria, riflessi delle pietre dell’abito brillano nel chiarore della luna (che secondo alcuni diviene rossa e più grande) mentre perde la sua coroncina nuziale di fiori d’arancio. Atterrata violentemente a terra, pochi istanti e si rialza, come un automa, e si dirige verso il portone della sua vecchia casa, sparendo nelle ombre e nel nulla.
Questa storia è raccontata anche nella “Raccolta di Leggende” degli alunni di Secondigliano, a cura della Scuola Media Statale “Tito Lucrezio Caro” nell’ambito del progetto «La scuola adotta un monumento» del 1996/1997, tutt’ora è conosciuta soprattutto da alcuni locali, e da coloro che abitano la palazzina oramai modificata nel tempo.
Una storia d’amore finita in tragedia, che langue nel tempo, nella memoria e nelle paure come pieghe dolorose che non si cancellano.