Non avrei mai pensato di scrivere di sport.
Chi mi conosce sa che non sono amante dello sport né quello praticato né quello seguito. Ma sono curiosa e mi piace osservare e capire cosa porta l’uomo a praticarlo o ad appassionarsi, anche se in modalità passiva da osservatore.
Gli antichi greci già avevano capito l’importanza dello sport per il corpo ma anche per la mente.
Sicuramente un corpo ben allenato tonico è più bello da vedere e ci si sente meglio, energetici.
Uno spettacolo del Napoli Teatro Festival, a cui ho assistito, mi ha ispirato a riflettere sul bisogno dell’uomo a provarsi in sport agonistici.
La tendenza e voler vincere la staticità a cui la gravità ci lega. Lo sportivo agonistico in gara è in gara con se stesso prima di tutto e gareggia a nostro nome nel vincere la sfida verso il limite.
Le gare automobilistiche sono puntate a vincere sulla velocità così nel ciclismo, nel calcio invece il controllo sulla palla.
C’è sempre un mezzo l’auto, la bicicletta, il pallone che si frappone tra l’uomo e la sua sfida.
I seguaci, gli spettatori si identificano, soffrono, tifano, esultano in un rito collettivo che li appassiona e li fa sentire in vincita con la vita.
“La nuotatrice” un testo di Bill Broady interpretato magistralmente da Pamela Villoresi, induce sulla sfida con se stessi spesso giovanissimi che dedicano tempo della loro giovinezza a raggiungere un traguardo che li ripaghi, quando accade, per il resto della vita.
Da una parte si sostituisce alla vita stessa: “Non era l’acqua in sé che amavi, ma quel senso di sospensione che ti dava un po’ l’illusione del volo.”
Ma che lascia l’amaro di una vita dedicata in parte per poi vivere di una gloria passata che non può durare se non nel ricordo.
Il tempo inesorabile stabilizza il corpo nella sua dimensione consona e limitante.
L’uomo ha da sempre però, cercato di sorpassare i propri limiti fisici cercando di volare, di vincere la forza del mare con la vela, dell’onda con il surf.
I più temerari sfidano le leggi della gravità librandosi in aria con un salto in lungo e lo fanno anche per noi che ci identifichiamo con chi la vince questa sfida o almeno ci prova.
Bene lo sport per i piccoli per far nascere in loro la passione di una sfida e vincere la loro indole pigra. Confrontarsi con i pari per sviluppare una sana competitività a cui la vita inevitabilmente ti riporta.
Mai che però si sostituisca all’allenamento della mente, quella sì, senza limiti che varca ogni confine e possibilità, se costantemente allenata.
La qualità della vita di un anziano non è proporzionata allo sport effettuato, ma alla cultura e all’allenamento della mente di sicuro.
Per cui viva lo sport e la passione per esso, ma siate moderati alla lunga lo sport logora.