Un pittore napoletano che si pone in tutta la sua poesia nelle pennellate e nei colori che rischiarano e raccontano di Napoli e dei luoghi di un tempo. Claudio Scarano sceglie di restare ancorato tutt’ora nel 2018 alla pittura della Scuola di Posillipo, restando l’ultimo che prende il cavalletto e la tela e raggiunge un luogo, una veduta, un mondo poetico e lo trasporta su tela, emozionando, emozionandosi. Il lirismo della poesia intrisa di un’anima, che silente parla agli occhi di chi osserva è espressione di una realizzazione che hai dentro, esplode briosa nella pittura di Claudio Scarano.
Nella sua sublime carriera, costellata di premi, il maestro non sfoggia nessuna medaglia ai fortunati che entrano nel suo atelier, ma mostra, nella più sublime delle umiltà, le sue creature. Proprio così, non opere ma parte del suo vissuto, un pezzo del suo cuore, brani della sua vita, passi di un viaggio che condivide con lo spettatore, che rimane estasiato alla visione dei dipinti. Quando si entra in quel luogo senza tempo e assente dalla temperatura, forse perché le finestre dell’arte dei vari ‘mondi’ che dipinge creavano un sospeso intervallo, si ritornati bambini. Tutti. Privi di certezze e pieni di colori, sporchi di emozioni e peni di sensazioni. A far da capobranco Claudio, come preferisce essere chiamato, che prende fiero e sorridente quadri, cornici e tavole, una dietro l’altra, e trascina dentro con le parole e gli aneddoti lo spettatore, così le sue emozioni, attraversandole. Si sente il fruscio del vento che stuzzica le foglie degli arbusti e delle palme, il sole che a rimpiattino tra le colonne s’alterna all’ombra, il rumore dei passi sulla neve, lo sgretolarsi del tufo sotto le mani, l’acqua stagnante e le sue libellule svolazzarvi sopra, la quiete della natura e la poesia dell’anima. Un onirico vissuto.
La capacità “semplice” di stendere pennellate su pennellate, strato su strato, dove i colori aiutano e sublimano gli altri colori, come in natura avviene spontaneamente, così il maestro pone note su un pentagramma di luce e colori e realizza emozioni. L’uso dei pennelli e della tavolozza, del cavalletto sembravano, e sono, estensione del suo corpo e tutto viene incorniciato dalle parole che echeggiavano nell’aria rincorrendo virtuosi ricordi, poi cala il silenzio quando si pone davanti alla tela. Lo stesso silenzio che i bambini fanno quando scoprono qualcosa di nuovo o quando si meravigliano del bello della natura, della semplicità delle cose. Il pittore non è che colui che ci indica cosa vedere e come vedere ma crea un’energia, un passaggio, una simbiosi, una forza che adduce alla magia dell’anima, che riconosci tua ma non sai come usare.
Quest’uomo, che si definisce umile pittore, ha la capacità di farti riflettere con un sorriso sulle labbra, rendendo vero ciò che è dipinto, con la genuinità della natura. Guardando i suoi dipinti si sentono le urla felici dei bambini che giocano, il rossore di un giovane innamorata davanti al dono dei fiori dell’amato, la fierezza di un padre con la figlia che riesce ad andare sola sulla bicicletta, una madre che sorride sfornando un dolce preparato per i suoi figli, ma nell’opera non vi sono queste scene rappresentate. Questa estemporanea esperienza è una scarica di adrenalina pura tra natura incontaminata e il bello del sentimento poetico, contaminazione dell’anima che diviene una nuance su tela.