La grande Rivoluzione Messicana al centro di veri capolavori.
Chi non ricorda i grandi film degli anni Cinquanta che hanno immortalato aspetti della grande rivoluzione messicana del 1910? Ricordiamo “Viva Zapata” di Kazan del 1952, “Tepepa” del 1969, e “Giù la testa” del 1971, di grandi registi come Giulio Petroni e Sergio Leone con magistrali colonne sonore di Ennio Morricone. Bellissimi film che raccontano, seppure con varie licenze e libere interpretazioni cinematografiche, una storia immortale.
In “Giù la testa”, l’eroe involontario che è un ladro di professione, entra a pieno titolo nella rivoluzione anche per vendicare la sua famiglia massacrata dai soldati messicani e in “Tepepa”, il figlio di un agricoltore decide di entrare nelle fine dei rivoluzionari dopo la morte del padre ferito a morte dai “rurales” messicani, un corpo di polizia a cavallo che cessò il proprio servizio nel 1914. In tutti e tre i film compare una figura carismatica: Madero.
Madero viene rappresentato come un uomo di cultura che promuove un moto rivoluzionario per abbattere un pericoloso dittatore, cioè Porfirio Diaz. Senso di abnegazione, altruismo e umanità vengono concentrati in questa figura carismatica che appare quasi come “un santo”, ma chi è stato in realtà Francisco Madero? Era un politico e un generale messicano, paladino di grandi riforme sociali, come la riforma agraria. E’ stato presidente del Messico dal 6 novembre 1911 al 18 febbraio 1913, data in cui fu assassinato. Partecipò personalmente ad alcune battaglie importanti come quella di CasaGrandes, dove fu ferito. Apparteneva ad una famiglia arricchitasi anche grazie al proficuo commercio di cotone, dal Texas durante la guerra di secessione americana. La sua famiglia aveva un patrimonio di circa quindici milioni di dollari americani durante la dittatura di Porfirio Diaz. Iniziato allo spiritismo, fu inviato a Parigi dal padre per frequentare una particolare scuola che addirittura lo spinse a credere di avere poteri mediamici. Ha frequentato anche l’università Berkeley della California per studiare le tecniche agricole; nel 1913 tornò definitivamente in Messico.
Per combattere Porfirio Diaz, inizialmente aderì al partito liberale messicano, che poi abbandonò per divergenze politiche. Divenne un noto avversario politico di Diaz già all’epoca in cui scrisse un libro con cui esortava i messicani a non rieleggere più il dittatore. Nonostante ciò, Diaz vinse le elezioni messicane del 1910 e Madero, già incarcerato per presunte attività rivoluzionarie, fu liberato e fuggì in Texas. Qui proclamò la Rivoluzione Messicana: era il 20 novembre del 1910. Ritornò in Messico e iniziò una vera e propria insurrezione armata contro Porfirio Diaz, che culminò con la occupazione di Ciudad Juarez nel maggio del 1911. In quel periodo, combatterono con lui alcuni personaggi che in seguito divennero famosi. Tra questi ricordiamo: Peppino Garibaldi, Pascual Orozco, Pancho Villa, ecc. Porfirio Diaz fu sconfitto.
Si ottennero dei risultati e Madero divenne finalmente Presidente del Messico, però mantenne un tipo di potere molto simile al precedente e non ufficializzò le promesse riforme agrarie e sociali. Questa fu la miccia per far iniziare una nuova insurrezione armata, sotto la guida di Emiliano Zapata; Madero, per combattere Zapata, nominò il Generale Victoriano Huerta come capo, ma accadde qualcosa di inaspettato: nel febbraio 1913, il Generale Huerta lo fece incarcerare e assassinare con il suo vicepresidente Josè Maria Pino Suarez, facendo un colpo di Stato. In effetti “l’idolatria” dell’uomo Madero cadde sotto i colpi delle stesse persone di cui lui si fidava ciecamente. Infatti nel film “Tepepa” il regista Petroni rievoca la fine della rivoluzione dinanzi a Madero ed ai suoi generali, facendo passare al loro cospetto ad uno ad uno tutti coloro che vi parteciparono e che nella scena del film depositano le loro armi. Il regista fa dire a Tepepa (l’attore Thomas Milian) alcune parole al Presidente Madero: “Presidente ma noi l’abbiamo vista la rivoluzione, perché dobbiamo consegnare le armi prese ai militari e che ritornano ai militari”. La risposta di Madero (attore) è: “caro Tepepa, lo Stato è un insieme di cittadini che comprende anche l’esercito che garantisce la sua sicurezza”, e Tepepa risponde: “va bene Sig. Presidente, io do a Lei il mio fucile, però se ci fosse la necessità, Lei me lo ridarà”.
Il regista qua abilmente adombra tutti i dubbi della discussa rivoluzione messicana di stampo maderista. La storia è salva e Madero viene rapidamente dimenticato dai messicani, che continuarono la nota rivoluzione fino al 1920. Infatti nel 1917 fu eletto presidente Carranza che nazionalizzò le miniere, avviò la riforma agraria, sancì i diritti politici e civili. Zapata invece rimase su posizioni radicali e venne assassinato nel 1919. Anche Carranza rimase vittima di un attentato nel 1920. Rimaneva solo il Generale Pancho Villa, ma anche quest’ultimo fu assassinato del 1923.
Tra il 1920 e il 1924 divenne Presidente Obregon e tra il 1924 e il 1928 a lui subentrò il Generale Plutarco Elias Calles. Nel 1928 Obregon fu rieletto presidente ma anch’egli rimase vittima di un attentato, e così via. Calles ebbe il merito di riorganizzare l’esercito e di fondare il partito rivoluzionario istituzionale, ma nel 1928 lasciò la presidenza.
Possiamo dire che in quell’epoca la rivoluzione messicana, dopo alterne vicende, si concluse definitivamente. Da ciò possiamo concludere che Madero voleva spodestare il dittatore Porfirio Diaz, ma in realtà si servì degli stessi strumenti repressivi, seppur in certo qual modo velati.