C’è chi la chiama, oggi, Piazza Dante, ma a Napoli questa piazza ha avuto tantissimi nomi e tantissimi ruoli… in questo articolo si cercherà di dare una lettura su questo luogo, spazio di aggregazione e di riconoscimento per i figli di Partenope.
Essa oggi si presenta con la sua forma ad emiciclo, ma prima aveva un’altra conformazione e un altro nome.
Questo largo era uno spiazzo irregolare, circondato da ruderi e vecchie case cadenti, nella parte alta vi era l’ingresso principale del monastero di San Sebastiano, addirittura (secondo alcuni storici) istituito dall’Imperatore Costantino nel IV secolo. Anticamente detta Largo del Mercatello, poiché vi si teneva, fin dal 1588, uno dei due mercati della città, differenziandosi con il suffisso diminutivo, di quello di piazza del Mercato. In verità era uno dei luoghi dove fino ad allora erano ospitati non solo i mercati ma dove si svolgevano gli scambi commerciali.
Nel XVI secolo, il viceré Don Pedro de Toledo fece espandere la cinta delle fortificazioni cittadine, che consentì di raddoppiare la superficie urbana e di collegare i tre castelli (Castel Nuovo, Castel dell’Ovo, Castel Sant’Elmo), di inglobare i borghi esterni che divennero parte integrante della città- Ulteriore importanza fu l’apertura “ufficiale” di Port’Alba nel 1625, ufficiale perché la popolazione aveva creato nella muraglia un pertuso abusivo per facilitare le comunicazioni con i borghi, in modo particolare con quello dell’Avvocata che si stava rapidamente ingrandendo.
Durante la peste del 1656, circa 30 anni dopo l’apertura della ‘porta’, fu utilizzata per accogliere migliaia di ammalati, divenendo popolarmente “piazza lazzaretto”, visibile in un’opera di Nicco Spadaro.
L’attuale configurazione urbanistica fu creata nella seconda metà del ‘700, con l’intervento dell’architetto Luigi Vanvitelli divenendo il “Foro Carolino” celebrativo del sovrano Carlo III di Borbone. I lavori durarono dal 1757 al 1765, e il risultato fu un grande emiciclo, tangente le mura aragonesi, che inglobava Port’Alba e affiancò la chiesa di San Michele. L’idea fu semplice, ovvero radere al suolo l’intero isolato, in modo da creare una piazza perfetta, regolare, con al centro un monumento che attirasse la vita cittadina.
L’edificio, con le due caratteristiche ali ricurve, vede in alto la presenza di 26 statue rappresentanti le virtù di Carlo, di cui tre sono di Giuseppe Sanmartino, le altre di scultori carraresi, per un totale di 16, ed al centro una nicchia che avrebbe dovuto ospitare una statua equestre del sovrano, che non fu mai realizzata. Inoltre, oltre a un torrino d’orologio, aggiunto però in epoca successiva. Della statua equestre in verità fu realizzato il calco in gesso che venne distrutto durante i moti della Repubblica Napoletana del 1799, prima ancora che potesse nascere la statua in marmo o forse in bronzo. In quel punto fu posta una statua di Napoleone I, che venne di conseguenza abbattuta al ritorno dei Borbone.
Per questo Ferdinando II riprese in mano le redini ordinò che per quell’atto di lesa maestà fossero condannati a morte il maestro di scherma Gaetano de Marco, Filippo Marino marchese di Genzano, con altri quattro popolani Antonio Avella, Nicola Fasulo, Nicola Fiani, Michele Marino. I corpi dei poveri sventurati rimasero, secondo le cronache, per diversi giorni alla mercé del popolo, e questo, sempre secondo i racconti dell’epoca ne avrebbe divorato le membra dopo averle cucinate: “… essendosi bruciati i corpi di due giacobini, il popolo furioso e sdegnato ne staccava i pezzi di carne abbrustolita e li mangiava, offrendoseli l’un l’altro. Eccoci in mezzo di una città di cannibali antropofagi che mangiano i loro nemici”. Ma la ferocia e la follia che prese le persone non finì, coloro che si rifiutarono di unirsi al festino, vennero a loro volta barbaramente trucidati. Dopo settimane di caos l’ordine fu ripristinato e di quelle vicende vergognose e terribili poco si ricordano.
Il monastero di San Sebastiano fu convertito dal 1826 si chiamava Liceo del Salvatore, due anni dopo fu chiamato Collegio dei Nobili, retto dai gesuiti per divenire Convitto dei Gesuiti, che successivamente i Savoia poi chiameranno “Convitto Vittorio Emanuele“. La chiesa di San Sebastiano divenne aula magna del convitto, ma tra il 5 e il 6 maggio del 1941 la cupola crollò, così i ruderi della chiesa furono eliminati dopo la guerra, tra gli anni cinquanta e sessanta, divenendo nuovo spazio con il chiostro per il Convitto.
Poco distanti, fino alla metà dell’800 sorgevano a nord l’edificio delle fosse del grano e a sud le cisterne dell’olio, per secoli i principali magazzini di derrate della città ma vi gravitano uffici, ospedali, istituzioni culturali. Nel 1871 la piazza fu arricchita con la statua del sommo poeta Dante Alighieri, opera degli scultori Tito Angelini e Tommaso Solari junior, collocata su un basamento disegnato dall’ingegner Gherardo Rega, così fu inaugurata e diede il nome all’attuale “Piazza Dante”.
Infine, il piazzale, nasconde anche un primato, ovvero è possibile determinare l’Equazione del Tempo attraverso un particolare meccanismo che determina lo Zenith. L’Orologio fu realizzato nel 1853 ed è l’unico esemplare in tutta Europa che è capace di calcolare con esattezza, il culmine massimo del sole allo Zenith che comunemente chiamiamo “mezzogiorno”. Generalmente questo momento della culminazione non avviene in maniera regolare perché non tutti i giorni solari hanno la medesima durata e quindi nascondono dei ritardi o degli anticipi del sole, così si è pensato di adottare un giorno solare medio e determinare in seguito, i restanti giorni annuali. L’Equazione del Tempo con il suo meccanismo astronomico calcola la differenza tra il tempo solare vero e il tempo solare medio (che è espresso generalmente per minuti e secondi). Per meglio dire che con degli algoritmi che contemplano l’inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’eccentricità dell’orbita intorno al sole (che non gira in moto uniforme). Quindi osservando bene la torre noi troviamo due quadranti sferici: il primo l’orologio classico che segna l’ora media, quella convenzionale del tempo che noi viviamo; mentre, il secondo posizionato in basso perpendicolare al primo, mette in rilievo la differenza in positivo e in negativo, dell’Ora Media solare e dell’Ora Vera solare. Unico esemplare in Europa, che per anni era stato fermo e che è stato rimesso in funzione grazie allo studio di alcuni professori (di cui una dottoressa dello stesso Convitto).
Insomma, una piazza che ha una lunga storia e un lungo processo di trasformazione, che può raccontare attraverso ciò che ha vissuto e i suoi nomi, in un tempo perfetto scandito da un orologio unico in Italia e in Europa.