Quattordici miglia più a sud dalla Grotta Azzurra, oltre il mare che taglia l’intero golfo napoletano, c’è l’apertura di un altro antro incantato e, al tempo stesso, misterioso: si tratta della Grotta del Mago, sita sulla costa meridionale di Ischia, di fronte alla meravigliosa Capri, a poche centinaia di metri dal Castello Aragonese e dalla baia di Carta Romana, raggiungibile soltanto via mare, ha una parte esterna visibile, un tunnel di trentasette metri da percorrere a nuoto e una camera finale con spiaggetta.
Negli anni trenta del novecento, la caverna fu oggetto di speculazione da parte del canonico Giovan Giuseppe Sasso, che ottenne la concessione governativa per il suo utilizzo turistico che gli permise di creare tavolati per il passaggio, ringhiere e illuminazioni elettriche, ma il tutto fu completamente spazzato via da una mareggiata di Scirocco, e della Grotta rimase, per un pò, soltanto il nome, Grotta d’Argento, con il quale era stata ribattezzata per darle una nuova luce e metterla in competizione con la consorella dell’isola delle Sirene. Questa, era considerata più bella della Grotta Azzurra di Capri, tanto che la notizia non tardò ad arrivare oltre oceano, precisamente il 24 settembre 1933 sul “Corriere d’America” di New York.
Sulla caverna ischitana si narrano diverse storie, miti e leggende, e quella più famosa dell’Isola Verde è anche la più antica. Si racconta di un vecchio mago con la barba e una lunga chioma bianca, circondato da tre ninfe marine danzanti, che apparivano ai pescatori che per il cattivo tempo si rifugiavano nella grotta. Chi era beneficiato della visione, una volta tornato il sereno godeva di una pesca ricchissima ma, altrettanto suggestiva è un’altra versione, favolistica e storicizzata, dal momento che si ricollega con il periodo delle scorrerie dei pirati: una principessa saracena, profondamente innamorata di un principe cristiano, riuscì a scappare dal padre che voleva consegnarla in sposa a un uomo potente e senza scrupoli, il Gran Visir. La fanciulla si rifugiò dal Mago, che risiedeva nella Grotta, il quale mise in pratica tutte le proprie arti occulte per sbaragliare il malvagio e ritrovare il principe che era stato incarcerato e condannato a morte. Tra il Gran Visir e il Mago ci fu uno scontro epocale che portò alla morte dello stregone buono e, da allora, il suo spirito si aggira nella grotta: a chiunque entri con cuore puro nella sua dimora, esaudisce tre desideri.
La particolare conformazione della cavità marina ischitana aveva fatto supporre che un tempo l’acqua fosse molto più lontana e, a seguito degli studi di Puglisi e Ciannelli che portarono a galla un reperto di bronzo, l’ipotesi fu confermata, aggiungendo, inoltre, che la disposizione della grotta e le sue caratteristiche la rendevano perfettamente idonea a ospitare in età neolitica culti magico-religiosi di natura solare. Fu successivamente, nel 1965, che Alfonso Fresa riprese l’argomento allargandone le prospettive: basandosi su alcuni complessi calcoli di archeoastronomia, verificò che, alcune migliaia di anni addietro, l’orientamento della spelonca del Mago permetteva di osservare dalla grotta interna il Sole sull’orizzonte del mare, durante il Solstizio invernale. Ciò fece supporre che durante il Solstizio estivo lo stesso fenomeno fosse visibile anche dalla Grotta Azzurra, che è sita esattamente di fronte a quella di Ischia.
Fonte articolo & foto: https://www.senzalinea.it/giornale/storia-di-napolila-grotta-del-mago, commons.wikimedia.org, 18 giugno 2017