LEGGENDOggi, più rintanati che mai, vorremo essere protetti… quale figura rappresenta da sempre il concetto di protezione sennò la figura del papà che da sempre viene idealizzata come ‘colui che protegge, silente alle tue spalle, che non parla, guarda, ascolta ed interviene quando è il caso”… (concedetemi la parentesi dialettale che rende molto ‘O Pate).
A lui è legata nella cristianità l’immagine di uno dei santi più venerati della storia, forse dopo la Vergine il più grande dei Santi che la Chiesa veneri: San Giuseppe. Figura di stirpe ‘reale’ e della sua vita rimase nascosta e sconosciuta, di lui conosciamo la sua santità attraverso le testimonianze nella Sacra Scrittura.
Egli è rappresentato come colui che protegge e nutre il Salvatore Gesù Cristo, custodisce e protegge la Vergine Madre… divenendo il compagno fedele che l’assistè, la consolò, la difese.
Quindi egli è il padre e il compagno/marito, egli è colui che accetta, pur non conoscendo inizialmente il grande prodigio che lo Spirito Santo aveva operato in Maria, e per quanto umanamente angustiato, con grande amore accettò (mise da parte l’umana incomprensione ed eventuale istintivo rifiuto) … come farebbe un padre, ancora oggi per amore di un figlio
Egli adorò da subito il ‘figlio dell’uomo’, lo protesse dalla strage degli innocenti, per ritirarsi poi in Galilea. Si ritirò a Nazaret, dove si spense fra le braccia di Gesù e di Maria, mentre si assopiva in un lungo sonno. Per questo San Giuseppe è il grande protettore dei moribondi e dei padri e si prega per la buona morte.
Nella sua festività e in quella che festeggia il nostro papà, in più regioni si festeggia con un dolce, che oramai viene chiamato da tutti (anche se in modalità diverse) zeppola di San Giuseppe.
Infatti è chiamata ‘a zeppola, zéppele o sfinci ed è un dolce tipico nato dalla tradizione pasticcera napoletana, e preparato con modalità leggermente diverse nelle varie regioni dell’Italia meridionale.
Le zeppole di San Giuseppe sono molto popolari nella zona vesuviana e un tempo erano preparate direttamente nelle strade. Ci sono varie ipotesi sull’invenzione di questo dolce, sia riferita alle suore di San Gregorio Armeno sia a quelle della Croce di Lucca (dove si trova il I° Policlinico), sia a quelle dello Splendore (a Montecalvario via Pasquale Scura).
La prima ricetta risale al 1837 e la troviamo nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, che la trascrisse nel suo libro in lingua napoletana. Nonostante la prima stesura le zeppole esistevano già da secoli.
Infatti, a descriverci l’arte di questi pasticcieri artigiani è Goethe, in visita nel capoluogo partenopeo, alla fine del 1700: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta… Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti … ”.
Ma vi è sono due leggende sulla loro creazione…
La prima ci allontanerebbe da Napoli per condurci a Roma, durante le celebrazioni delle Liberalia, feste organizzate dai romani in onore delle divinità del vino e del grano che si festeggiavano il 17 marzo, per omaggiare Bacco e Sileno (suo precettore e compagno di baccanali). Si bevevano litri di vino e ambrosia accompagnati da frittelle di frumento, cotte nello strutto bollente. Con l’ascesa dell’Imperatore Teodosio II, che proibì qualsiasi culto pagano, non furono più celebrate e venne assimilata dal cattolicesimo che fissò due giorni più tardi la festa di San Giuseppe (divenuta poi festa del papà nel 1968).
Ma è la seconda versione che ci illumina della grazia cristiana e che forse ci appartiene, almeno dal punto di vista, ‘umanitario’…
“Mentre il sole tramontava su Nazareth, il vecchio falegname Giuseppe, seduto sulla soglia della sua bottega, si godeva un’ora di tranquillità, guardando il piccolo Gesù giocare con dei pezzetti di legno. D’improvviso, avanzò un vecchietto mendicante lacero e scarno che arrivato davanti alla bottega, si fermò chiedendo un pezzo di pane. Giuseppe balzò in piedi e lo sostenne, e lo portò in casa lo aiutò a sedersi e gli porse un boccale di acqua fresca. Il poveretto bevve avidamente, ma il viso del falegname era triste, perché non aveva nessun pane da dargli e lo invitò a restare a casa che, a momenti sarebbe arrivata Maria con della farina e lo avrebbe sfamato. Ma il mendicante lo ringraziò e decise di andare via… Giuseppe si risedette spiaciuto vicino al piccolo figliolo, ma mentre accarezzava il bambino che giocava con il suo mucchietto di trucioli si accorse, con grande meraviglia, che non erano trucioli ma piccoli pani e ciambelline, fresche e fragranti appena usciti dal forno. A quel punto Gesù, su ordine del padre, corse a portare al vecchio zeppole profumate e dolci.”