Sulla rivista Nature Climate Change, in queste ultime ore, è stato pubblicato un drammatico studio che, oltre a confermare le stime sulla perdita di 28 trilioni di tonnellate di ghiaccio tra il 1994 e il 2017, ha evidenziato le gravi ripercussioni sull’innalzamento del livello del mare che, al momento, si aggira sugli 1,8 cm.
Tali notizie corrispondono – purtroppo – ai peggiori scenari di riscaldamento climatico finora ipotizzati dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), secondo cui il ghiaccio perso dall’Antartide ha aumentato il livello globale del mare di 7,2 mm mentre quello della Groenlandia ha toccato 10,6 mm, con gli oceani del mondo che hanno subito un aumento di 4 mm ogni anno.
Finora, circa il 60% del ghiaccio perso proveniva dall’emisfero settentrionale, mentre il restante 40% dall’emisfero meridionale, con un tasso di perdita del 57% che è passato da 0,8 a 1,2 trilioni di tonnellate all’anno, provocato dall’aumento delle perdite dei ghiacciai di montagna, dell’Antartide, della Groenlandia e delle piattaforme antartiche.
Sempre nello stesso periodo, tale perdita di ghiaccio ha causato l’innalzamento del livello globale del mare di 35,0 ± 3,2 mm; ciò evidenzia come la fine delle calotte glaciali dovrebbe alzare il livello del mare di 17 cm, esponendo 16 milioni persone a inondazioni nelle zone costiere entro la fine di questo attuale secolo.
A determinare quello che si sta verificando fino ad ora, un meccanismo denominato espansione termica, con il volume dell’acqua di mare che si espande progressivamente mentre si riscalda, creando una situazione nella quale lo scioglimento dei ghiacci sta superando il riscaldamento globale come causa principale dell’innalzamento del livello del mare.