‘”La più antica bottiglia d’olio del mondo” è conservata presso il Museo Archeologico di Napoli; è questa la felice scoperta di Alberto Angela, avvenuta nel corso di un sopralluogo nei depositi del Mann due anni fa.
Da qui è partito uno studio con l’Università di Napoli Federico II, lavoro che ha portato interessanti risultati. Sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 dC. questa bottiglia ci racconta infatti l’importanza di un alimento base della nostra dieta mediterranea già duemila anni fa. Ne è nata dunque una collaborazione tra Dipartimento di Agraria e il MANN per indagare sui reperti organici conservati nei depositi, tanto che il direttore Paolo Giulierini ne ha stabilito un riordino al fine di renderli fruibili al pubblico, proprio vista la ricchezza dei materiali presenti nei depositi.
La bottiglia è stata subito esposta al museo nella mostra Res Rustica accanto ad un pane carbonizzato. Un team multidisciplinare coordinato dal professore Raffaele Sacchi ha gestito le ricerche, che hanno consentito per la prima volta di verificare l’autenticità e caratterizzare l’identità molecolare di un campione di olio di oliva. “Si tratta del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità,– dice Sacchi -. L’identificazione della natura della ‘bottiglia d’olio archeologico’ ci regala una prova inconfutabile dell’importanza che l’olio di oliva aveva nell’alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix”.
Estremamente interessante è il raffronto del contenuto della bottiglia con le rappresentazioni negli affreschi pompeiani, il cui “liquido” è del tutto simile. L’impiego di tecniche molecolari e la datazione al carbonio-14 hanno permesso di risalire al contenuto della bottiglia, e si tratta di una sostanza solida dalla consistenza cerosa ritrovata con tutta probabilità a Ercolano nel corso degli scavi archeologici iniziati dal Principe d’Elboeuf nel 1738 e continuati da Carlo di Borbone.