“Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo”, così recita un tradizionale proverbio afgano: un proverbio che, anche questa volta, si è tradotto in verità.
Dopo aver sconfitto gli inglesi nell’800 e i sovietici alla fine del ‘900, l’Afghanistan, definito da alcuni “la tomba degli imperi”, si prepara a rivendicare anche la sconfitta degli Stati Uniti e delle forze NATO.
Nelle ultime ore, dopo un mese di vittorie fulminanti, i miliziani talebani sono entrati a Kabul, capitale dell’Afghanistan, occupandone alcuni dei punti strategicamente più rilevanti.
Come già accadde quando presero il potere nel 1996, i talebani si sono presentati al mondo come una forza moderata, intenzionata a liberare il Paese da più di 40 anni di guerra e disordine.
Nonostante il destino dell’Afghanistan fosse ancora incerto, nel corso del mese di luglio, emissari dei talebani sono stati accolti da vari Governi stranieri, tra cui la Cina, dichiarandosi pronti a rispettare gli accordi internazionali e a non dare appoggio a terroristi dell’Isis o di Al Qaeda.
Ma, sotto questa veste pacifica, si celano pur sempre gli stessi estremisti islamici che, durante il periodo in cui governavano il Paese (tra il 1996 e il 2001), imposero una forma estrema della Sharia (che vietava film, musica e arte), annullarono tutti i diritti delle donne (introdotti a fatica dai Governi comunisti degli anni ’80) prevedendo per queste le norme più stringenti e violente al mondo, distrussero siti archeologici importantissimi, supportarono gruppi terroristici e si macchiarono di migliaia di omicidi.
Con la caduta di Kabul, l’Afghanistan si avvia verso la conclusione di un’altra fase della sua cruenta storia recente.
L’invasione americana\NATO, iniziata nel 2001 con lo scopo di vendicare l’attentato alle Torri Gemelle (eliminando Bin Laden e i talebani che lo avevano aiutato), si è conclusa con un bilancio disastroso.
Sebbene Bin Laden sia stato ucciso in un blitz delle forze speciali americane nel 2011 e il Paese sia stato quasi completamente conquistato nel giro di pochi mesi, le forze di occupazione sono state logorate dalla guerriglia dei talebani, senza riuscire, nonostante un uso massiccio di armi moderne e sperimentali, a scacciare i miliziani islamisti dalle montagne dove si erano rifugiati.
Lo Stato e le Forze Armate afgane, formati in 20 anni di occupazione e che venivano presentati dai media come un grande risultato dell’”esportazione di democrazia” americana, si sono rivelati strutture corrotte, inaffidabili e slegate dagli interessi della popolazione e non hanno resistito che una manciata di giorni senza il supporto delle forze straniere (a differenza del governo filo-sovietico, che resistette per ben tre anni dalla ritirata dell’Armata Rossa). La fuga del Presidente Ghani da Kabul, ancor prima che i talebani entrassero in città, è solo l’ultima di una lunga serie di defezioni, scandali e codardie messe in atto dalle figure chiave della “democrazia” afgana.
La cifra colossale di 1000 miliardi di dollari spesi dagli Stati Uniti nel corso del conflitto, non ha fatto altro che ingrassare l’industria bellica e l’economia americana, quando sarebbe stata spesa molto meglio donando scuole, case, infrastrutture, fabbriche e ospedali al poverissimo popolo afgano.