Quando nel 1690, Sir John Mainard, avvocato e politico inglese, morì, tra le sue carte, venne trovato un documento processuale, che narrava il caso del cadavere di una donna morta trucidata, che incolpava i suoi assassini. Nel luglio del 1851, il documento fu pubblicato sulla rivista, “The Gentleman’s“, titolando “Un singolare caso di superstizione“, anche se prima della sua morte, Mainard sottolineava che l’episodio aveva avuto molti testimoni oculari, tra cui due preti.
La storia è questa: fra i coniugi Arthur e Joan Norkot, si era venuta a creare una tensione, in quanto lui la sospettava di tradimento ed infedeltà. Ma forse il vero problema della coppia, risiedeva nel misero alloggio, dove vivevano, assieme al figlio, la madre di Arthur, Mary Norkot, la sorella di lui con il marito, Agnes e John Okeman.
Una mattina Joan viene trovata morta nel suo letto con la gola tagliata, con a fianco il figlio illeso e sul pavimento viene rinvenuto un coltello da cucina sporco di sangue. Secondo le testimonianze, il marito aveva trascorso la notte fuori casa, per far visita a degli amici in un’altra città. A seguito di ciò il verdetto fu suicidio e la donna venne frettolosamente sepolta. Ma, tenuto conto che il coltello fu ritrovato con il manico rivolto verso la porta e che la maggior parte delle persone non credeva al suicidio, fu riesumato il cadavere della donna e riaperte le indagini.
L’esame evidenziò la rottura del collo e quindi l’ipotesi del suicidio cadde completamente. Furono interrogati gli amici del marito, i quali negarono di averlo incontrato quel giorno e di non vederlo da almeno tre anni. Nonostante ciò il tribunale scagionò tutti, ma il giudice Harvey, decise di ricorrere contro la sentenza. Durante il processo, un sacerdote della parrocchia affermò che il cadavere della donna era in grado di indicare il suo assassino. Davanti all’incredulità dei presenti, il giudice chiese al prete se avesse assistito ad una cosa simile, lo stesso rispose che si augurava che tutti potessero constatarlo.
A trenta giorni dalla sepoltura, il cadavere venne riesumato, come detto prima, e fu ordinato ad ogni accusato, di toccare il corpo morto della donna, in quanto avrebbe sanguinato se toccato dal vero assassino. Il prete depose il seguente racconto: “Mano a mano che venivano chiamati, i sospettati dovevano toccare la fronte del cadavere, che era ormai diventata viola e scura, come carne in putrefazione. Ad un tratto, però, la fronte aveva cominciato a trasudare, tanto da concretizzarsi in lacrime che scendevano sul viso. Nel frattempo, la fronte cambiava colore, tornando ad essere rosea, come quando la donna era viva. Poi il cadavere aveva spalancato un occhio, per richiuderlo subito dopo, e questo apri e chiudi si era ripetuto parecchie volte. Poi si era sfilato la vera matrimoniale tre volte e tre volte se l’era rimessa, tanto che l’anulare si era messo a sanguinare ed alcune gocce erano cadute sull’erba“.
Il prete chiamò a testimoniare il fratello, sacerdote di una vicina parrocchia, testimone anch’esso dei fatti narrati, il quale confermò ogni cosa. Ne conseguì che il corpo di Joan, fu trovato in posizione scomposta sul letto, con le coperte in ordine ed il figlioletto disteso accanto, oltreché il collo spezzato, cosa che confermò trattarsi di un delitto e non di un suicidio. Dagli atti del processo, risultò che quella sera i coniugi avevano litigato violentemente, tanto che l’uomo aveva preso la donna per il collo, facendola cadere e sbattere contro qualcosa, rompendosi il collo.
Arthur Norkot, preso dal panico per la morte accidentale, si era consigliato con la madre, la sorella ed il marito di lei, che per evitare sospetti consigliarono di tagliarle il collo con un coltello, cosa che fecero sul pavimento, sistemando in fretta e furia il figlio accanto il cadavere nel letto, il quale aveva continuato a dormire. Ma dell’ipotesi che la donna fosse tornata ad accusare i suoi assassini da morta, trova una logica spiegazione in quanto segue. I due medici che esaminarono il corpo della donna e chiesero agli accusati di toccare il corpo, in realtà volevano provocare nei presenti, una scossa emotiva tale da indurli a confessare.
Nella mano sinistra della donna avevano nascosto una piccola vescica, contenente del liquido rosso scuro, il quale si apriva tramite un filo invisibile collegato all’anulare, dove vi era la fede nuziale. Un altro filo invisibile era stato collegato alle ciglia di un occhio, in maniera da farlo aprire e chiudere ed, entrambi i fili, erano stati fissati alle maniglie che trasportavano la bara. Quando il test si svolse, i due medici non fecero altro che tirare i fili e far sembrare che il cadavere si muovesse ed accusasse qualcuno dei presenti.
Ovviamente restano dei dubbi, nonostante questa dettagliata spiegazione, tra cui il fatto che i fili potevano essere notati oppure sulla testimonianza dei due preti, che la carne aveva ripreso il suo colorito roseo e vitale. Nonostante queste deduzioni, la testimonianza dei due preti, portò alla condanna a morte di Arthur Norkot, della madre e della sorella, anche se questa fu rilasciata poiché incinta ed il marito John Okeman fu scagionato dalle accuse.
Fonte articolo e foto: Fabio Giovanni Rocco, misterieprofezie.blogspot.com/2019/11