Il villaggio del Vomero
“Questa strada detta il Vomero è ricca di monasteri e di bellissimi casini per esser d’aria salutifera, havendo un aspetto nel mare”
Carlo Celano nel notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli a cura di G.B. Chiarini ci dice che la denominazione Vomero deriva da un’antica gara che si svolgeva ogni anno fra gli abili contadini di quella zona nella quale vinceva quello che riusciva a tracciare con il vomere dell’ aratro il solco più diritto.
Il suggestivo racconto del Celano sull’etimologia del toponimo Vomero
“Passato questo, girando a sinistra, vedesi una lunga e dritta strada per la quale si può calare al Lago d’Agnano; è chiamato questo luogo il Vomere, né si trova nei nostri antichi scrittori nominato con questo nome, ma con quello d’Antignano, come appresso si dirà; io però, che fin dalla mia fanciullezza stato sono desideroso di saper le cose della mia patria, mi portai in questo loco essendo giovanetto per trovarvi un vecchio, il quale, benché fusse in età di 105 anni, pure attendea all’aratro ed haveva nome Nicolò, venendo da tutti chiamato Cola lo Vecchio; l’interogai perché quel loco si chiamava il Vomere, mi rispose queste parole: “Sin dal tempo dell’avo mio, che pure morì vecchio come me, qui sopra habitavano tutti quelli che havevano vomeri e bovi, ed andavano a lavorare dove erano chiamati. Nelli giorni che non erano di lavoro i giovani, tra i quali ero anco ìo, che per gratia di Dio non mi ho fatto vincere da nessuno, si disfidavano e ponevano un palio o qualche altro premio perché l’havesse guadagnato chi faceva il solco più dritto”; ed interogandolo in che maniera, mi rispose così: “Si presigeva un termine lontano da mezzo miglio, e poi si cominciava a solcare uno da una parte et uno da un’altra, e dovevano ambo andare a terminare al luogo prefisso, ma questo dagl’aratori non si vedeva, perché, avviato l’aratro per 20 passi in circa, due li portavano avanti un panno attaccato a buoni bastoni, in modo che l’impedivano la vista del già detto loco dove havevavo a terminare il solco, e terminato ch’egli era, venivano i giudici ch’erano i più vecchi, ed osservateli, a chi più dritto fatto l’haveva davano il premio. Per veder questo gioco vi saliva una quantità di gente dalla città, e dicevano: «Andiamo a vedere il gioco del vomere», e per questo è restato a questo luogo questo nome”.
Dal villaggio del Vomero all’origine della villa.
La villa nasce sull’ antica via per “colles” poi sostituita dalla via Antignana in una zona conosciuta come “villaggio Vomero o casale Vomero“. Solo successivamente la denominazione Vomero sarà estesa a tutta la collina ma questa zona è ancora conosciuta come “Vomero vecchio”
“Dall’ Arenella… si passa all’Antignano indi al Vomero, indi a Posillipo; Può dirsi una continuazione di colline e valli . Qua e la vi sono chiese, casini ville ricordarle tutte è impossibile, troppe sono. Tra le molti evvi quella del Principe Belvedere Carafa: appartenne a Ferdinando Vandeneynden ; Carolina austriaca regina vi dimorò nel 1792.” (Dalla guida di Napoli di E.Pistolesi del 1845)
Descrizione dell’origine della villa del Celano
“In questa stessa via si veggono bellissimi casini, e fra questi quello del marchese Ferdinando Vandeneynden, quanto ricco tanto virtuoso; a questi, stanno di poco buona salute, li fu detto che quest’aria molto giovar poteva, che però, compratosi qui un casino molto delitioso dagl’heredi del dottissimo Donato Antonio Altomare, fra lo spatio d’un anno e mezzo in circa, col modello e disegno di fra Bonaventura Presti e colla spesa di 30000 scudi, vi fece inalzare il presente casino et accomodar la villa. Nel casino non si possono desiderare le dilitie e comodità maggiori, sì per l’amenissime vedute ch’egli ha sopra del mare, e particolarmente del nostro Posillipo, sì ancora per gl’adornamenti di quadri ed altre dipinture de’ nostri virtuosi moderni, e particolarmente ve ne sono del pennello del nostro Luca Giordani. I giardinetti, che disignati v’erano al piano del cortile, non sono terminati per l’immatura morte del buon Marchese, il quale, essendovi salito ad habitare, doppo de pochi giorni fu costretto per consulta de’ medici a calarsene, e passò a miglior vita con sentimento grande d’ognun che lo conosceva. Veniva designato da questo casino un’adagiatissima calata carrozzabile fino a Chiaja, ma non sortì per la morte già detta.”
La villa Belvedere
La villa dei Carafa Principe di Belvedere è costruita alla fine del seicento , era la villa più grande e più importante dell’ antico Vomero. Purtroppo degli splendidi giardini rimane solo qualche esigua traccia da cui possiamo immaginarne la grandezza e la magnificenza. Infatti questa villa è stata inghiottita e stuprata dal cemento della speculazione edilizia degli anni 50/70 del secolo scorso. In origine era una dimora fortificata poi trasformata in amenissima villa di svago per le villeggiature, spettacoli musicali, gare sportive, giochi, giostre e tornei. Villa preferita per la villeggiatura di numerosi sovrani Borbonici e del Re Giocchino Murat e numerose alte personalità. Nella villa vi era una preziosa pinacoteca, una copiosa biblioteca ricchissima di libri scelti e di preziose edizioni. Vi era perfino un museo ricco di reperti antichi. Da un lungo viale si giungeva al punto più estremo della terrazza da cui si godeva un panorama a 360° su tutto il golfo di Napoli
“Il Vomero, che ha l’aspetto al mezzogiorno, e domina tutta la riviera di Chiaia: ha ville bellissime e Casini deliziosi, e fra essi vi è quello del principe di Belvedere, il quale al presente nelle villeggiature di Maggio, e di Ottobre tiene aperti i viali amenissimi dei suoi deliziosi giardini, perché i villeggianti a loro bell’agio possano passeggiarvi, e nei giorni di Giovedì e Domenica vi fa sonare allegre sinfonie” (Dalla descrizione della città di Napoli di Napoli Di Giuseppe Sigismondo del 1789)
È da ribadire che la denominazione della villa deriva dal titolo dei Carafa, gli antichi proprietari, che erano principi di Belvedere e non dagli splenditi panorami che si ammirano. Intorno a questa villa si era sviluppato il villaggio del Vomero vecchio. La villa era annoverata tra le reali delizie ed era molto famosa in città. I loro proprietari sono stati prima lo studioso di legge Donato Antonio Altomare, poi il marchese di Castel Nuovo Ferdinando Van Den Eynd, fino ai Carafa. La villa è definita “deliziosissima per amenità di luogo e splendida d’ ogni maniera di opere artistiche” (Gaetano Nobile)
Dalla magnificenza al degrado
Attraverso i secoli la villa subisce numerosissime trasformazioni ed abbellimenti ad opera dei più valenti architetti. Da ricordare Bonaventura Presti, Francesco Schioppa, Carlo Zoccoli, Giuseppe Manzilli. Sebbene in epoche diverse, essi apporteranno sempre miglioramenti alla maestosità delle scale, del parco, dei giardini e agli splendidi appartamenti riccamente rifiniti. Di questa magnifica Villa solo la struttura rimane in discrete condizioni sebbene sia stata lottizzata in diversi appartamenti. Fortunatamente il piano nobile con il terrazzo è stato affidato ad una Società “Cenacolo Belvedere” che organizza feste convegni e matrimoni che li ha perfettamente restaurati e ci fa avere un idea dei magnifici saloni e della terrazza panoramica che l’avevano resa così famosa. I giardini lungo il viale d’ingresso sono andati completamente distrutti da orribili costruzioni malamente edificate nel secondo dopoguerra.
“Sulla medesima collina sono degne di essere osservate… e dal lato opposto quella una volta de Principi di Belvedere, ricchissima allora e non mena per la bellezza de giardini, che per la magnificenza del palazzo, e la sua preziosa raccolta di quadri e di statue ; abitata più volte da sovrani di Napoli fra quali la regina Carolina e il Re Francesco I.”
(Da Napoli e i luoghi celebri delle sue vicinanze G. Aiello 1845)
Mappe topografiche:
il primo impianto della villa è già presente nella “Pianta e alzata della città di Napoli del 1698 di Paolo Petrini.
Le maggiori trasformazioni avvenute sono leggibili nella pianta del duca di Noja del 1775, comprensiva elegante esedra in tufo costruita sulla “Strada Belvedere” che permetteva alle carrozze di poter girare agevolmente.
Nella mappa del 1804 Luigi Marchese la villa e il parco appaiono in tutta la loro magnificenza, era il tempo in cui la villa venne annoverata fra le “Ville reali” Frequentata dall’ alta aristocrazia e dalla corte Borbonica.
Nella pianta Schiavoni è visibile il declino della villa iniziato alla metà del XIX secolo. Alla morte di Don Marino Carafa, senza eredi diretti, la proprietà cominciò a smembrarsi fra diversi proprietari come testimonia il Chiarini nel 1858 :
“ora appartiene a diversi proprietari che sogliono locarne alcuni appartamenti “.
8) Vista della Villa da via Aniello Falcone
Nonostante i frazionamenti, la villa è il parco risultano ancora integri nella pianta Schiavoni ma i terreni contigui cominciarono a subire notevoli trasformazioni ad iniziare dalla costruzione del nuovo quartiere Vomero da parte della banca Tiberina, trasformazioni che cambiarono radicalmente l’aspetto della verde collina. Nonostante tutto la villa e in modo particolare il suo parco scamparono a questa continua urbanizzazione che continuò col fascismo fino al principio della II guerra mondiale. Nel dopoguerra avviene il maggior scempio ben raccontato dal regista Francesco Rosi nel suo capolavoro “Mani sulla Città”. Il parco prospiciente via Belvedere fu frazionato e lottizzato e vi sorsero orribili costruzioni che “stuprarono irreparabilmente quel territorio”. Queste orribili costruzioni continuarono a fiorire fino agli anni ’70 del secolo scorso.
Dal link sottostante di Google Maps si può bene osservare dal rilevamento aereo lo scempio edilizio subito dai meravigliosi giardini del Vomero vecchio negli anni 50/70 del secolo scorso: Vista attuale da Google Maps
Bibliografia.
- Napoli per le vie Franco De Arcangelis vol. primo Ed. la tipografia srl 1985
- Le strade di Napoli Gino Doria – Seconda ed. 1982 – Ed. Riccardo Ricciardi
- La Napoliata – F. Castanò e O.Cirillo Ed Scientifiche Italiane 2012.
- Le strade del Vomero Antonio La Gala Ed. Alfredo Guida ed 2006
- Arenella e dintorni – Giuseppe Paradiso Arte tipografica 2000
- La guida di Napoli di Erasmo Pistolesi (copia Anastatica) Giuseppe Vara 1845
- Descrizione della città di Napoli e i suoi borghi vol III – Giuseppe Sigismondo – Fratelli Terres 1789 (ristampa anastatica di Arnaldo Forni Editore 1989)
- Napoli e i suoi luoghi celebri (Giambattista Aiello) vol II- Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile 1845 – Copia Anastatica.
- Le Ville di Napoli – Y. Carbonaro e L. Cosenza – Newton Compton Editori 2008
- Notizie del bello dell’antico e del curioso della città di Napoli di Carlo Celano curata dal Cav. Giovanni Battista Chiarini giornata VI -Stamperia Floriana 1856 Copia anastatica edita da Ed. Dell’Anticaglia 2000
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Foto:
Dall’archivio personale dell’ autore: 1 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 9
Di pubblico dominio: Wikipedia – Copertina , 2 – 8
Mappe A) di Luigi Marchese B)di Schiavoni
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