Dai tempi di Joe Valachi, noto mafioso italo-americano, che testimoniò alla Commissione statunitense Mc Clellan nel 1963 sulla reale organizzazione di “Cosa Nostra”, molti anni trascorsero prima che un altro mafioso pentito Tommaso Buscetta, venisse estradato dal Brasile in Italia per rendere importanti dichiarazioni della organizzazione di “Cosa Nostra”, e su suoi piani al nostro Giudice Falcone: era il 1984.
La storia lo ricorda come uno dei primi pentiti, dopo Leonardo Vitale, che anni prima aveva reso importanti dichiarazioni sull’iniziazione a membro di “cosa nostra” e sui responsabili di alcuni omicidi, poi assassinato proprio nel 1984. Sempre in questo anno Buscetta fu estradato negli Stati Uniti, ove il governo gli dette una nuova identità ed altri benefici, sotto condizione, di rivelazioni contro “Cosa Nostra americana”. Più tardi nel 1986 Buscetta confermò le sue dichiarazioni rese anni prima al Giudice Giovanni Falcone al noto maxi processo di Palermo, e nel processo svolto a New York, denominato “Pizza Connection”, ove erano imputati molti mafiosi americani di origine sicula, tra cui Gaetano Badalamenti, tutti accusati di traffico di droga.
Precedentemente Tommaso Buscetta, incarcerato a Torino, evase, approfittando della misura concessagli della “semilibertà” e si mise sotto la protezione dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo, che tentarono inutilmente di convincerlo a schierarsi con loro per uccidere l’avversario corleonese Salvatore Riina; a questo punto Tommaso Buscetta scelse di tornare in Brasile, ove aveva creato un piccolo impero, macchiandosi di vari reati. Proprio per questa sua vicinanza a Inzerillo e Bontate, i corleonesi lo volevano morto e, non potendolo uccidere, se la presero con i suoi parenti, riuscendo ad eliminare due suoi figli, un fratello, il genero, un cognato e quattro nipoti.
Il Maxi Processo di Palermo si concluse definitivamente con la condanna a varie pene detentive, compreso l’ergastolo, di centinaia di affiliati a “Cosa Nostra”.
Buscetta in effetti già nel 1984 aveva pure accennato al Giudice Giovanni Falcone che esisteva un “presunto” legame di “Cosa Nostra” con determinati politici. Dopo l’attentato del 1992 in cui trovarono la morte Falcone, la sua compagna e la relativa scorta, Buscetta tornò a parlare con i Magistrati italiani sui particolari di questi legami ma alla fine la sua testimonianza non fu considerata attendibile.
Messo sempre sotto protezione negli Stati Uniti d’America, morì di cancro il 2 Aprile 2000 a 71 anni nella sua residenza “protetta” in Florida, ove viveva da anni con la terza moglie e figli rimasti. Buscetta in effetti, soprattutto dopo il massacro di parenti e figli, di bambini, di persone neppure da lontano affiliate “a Cosa Nostra”, aveva cominciato a manifestare una certa disapprovazione nei confronti dei metodi mafiosi dei Corleonesi (come Riina, Bagarella, Brusca, ecc.), non più in linea, a suo dire, con la originaria “Cosa Nostra”, tentando in tutti i modi di accreditare una sua visione su una presunta “etica” mafiosa poi abbandonata dai Corleonesi. Anche per questo la sua collaborazione giudiziaria fu piena ed incisiva.
Nel maggio 2019 il regista Marco Bellocchio, sulla base di documentazione e video inediti forniti dalla terza moglie di Buscetta, Cristina, ha girato questo film straordinario “Il Traditore” molto vicino al vero, che narra appunto la storia di Tommaso Buscetta, partendo dagli anni ’80 fino alla sua morte. L’interpretazione magistrale di alcuni personaggi, (tra questi ricordiamo il protagonista interpretato da Pierfrancesco Savino e l’interpretazione di Lo Cascio), rende questo film veramente vivo e pieno di “suspance”.
Tutte le scene riproducono con la massima fedeltà la contrapposizione tra due schieramenti mafiosi, quella di Bontate, Inzerillo, Baladamenti e dei Corleonesi (Riina, Giuseppe Greco, ecc.), nonché l’arrivo in Italia di Buscetta, i colloqui con il Giudice Giovanni Falcone, il suo pensiero, il suo disappunto nei confronti dei Corleonesi e tra questi in particolare, verso Giuseppe Calò, suo amico d’infanzia, coinvolto insieme ad altri nella scomparsa e l’uccisione di due suoi figli, avuti da un precedente matrimonio. Nel film si narra anche del collaboratore di Giustizia Salvatore Contorno, membro di Cosa Nostra, e delle sue vicende processuali, scampato a vari attentati orditi dai Corleonesi.
L’opera del Grande Schermo è avvincente e non stanca, ed il gradimento del pubblico è stato entusiasmante.
ILa regia ricompone tutti i tasselli di questo grande “puzzle”, uno ad uno, concentrandosi sul personaggio Buscetta, su alcuni particolari della sua vita finora sconosciuti, dall’adolescenza alla morte, senza trionfalismi né forzature, mettendo chiaramente in evidenza l’importanza delle sue dichiarazioni utili per portare alla sbarra centinaia di mafiosi e alle conseguenti condanne nei tre gradi di giudizio, anche se fu alto il prezzo che si pagò negli anni 1992 e 1993 in termini di stragi e uccisioni di Uomini dello Stato e di civili, da parte di “Cosa Nostra”.